PENSIERI in SALITA
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Dal bleisure al workation. Quando il lavoro a distanza cambia il turismo rurale

Era il febbraio 2016 quando scrivevo, e non per la prima volta, di bleisure , neologismo coniato dall’unione di business + leisure e dato per una delle tendenze più importanti di quell’anno. Si parlava di tecnologia, di sconfinamento dei tempi della vita privata in quelli del lavoro, di nuove possibilità di ospitalità in hotel e agriturismi. Fino a oggi. In un mondo che sembra lontanissimo rispetto a quello di cinque anni fa, e in cui quel bleisure si è trasformato in workcation o per i più workation, ancora un neologismo, nato questa volta dall’unione di working on vacation. Che sia solo per amor di cronaca dei travel trend (che non c’è), poco importa, mentre è interessante vedere cosa si muove intorno a questo supposto fenomeno cucito addosso alla crescita esponenziale dello smartworking, o meglio del lavoro da remoto. Si è parlato molto della possibilità offerta dai più popolari sogni esotici, di trasferirsi in mondi cartolina per alcuni mesi per continuare a lavorare a distanza. A Barbados con Barbados Welcome Stamp; a Bermuda con il visto di un anno Work From Home Bermuda con tanto di elenco di spazi co-working; in Georgia con Remotely From Georgia; a Mauritius con il programma Live Work & Play in Paradise; e poi Maldive, Dubai… Un modo per aiutare l’economia di popolazioni che vivevano quasi esclusivamente di turismo, mentre workcation retreat come Coconat, nel paesedi Klein Glien, in Brandenburgo, 90 chilometri a sud di Berlino, si propongono come l’avamposto di un cambio radicale dello stile di vita (e una cosa analoga succede vicino a Barcellona).

Nel nostro Paese, una certa retorica sulla rinascita dei borghi è stata alimentata dalle riflessioni dell’architetto Stefano Boeri a cui hanno riposto subito Associazioni ed Enti Montani. Va forse ricordato che in Italia il 72 per cento dei paesi ha meno di 5mila abitanti e stare in metropoli che al momento sono incapaci di offrire servizi e cultura, ha effettivamente sempre meno senso. Quindi workcation sia anche per noi. Non pochi in questi mesi ha riabitato le seconde case di montagna e campagna (Cognetti in una sua intervista diceva che in alcuni paesi si sono rivista anche i bambini), cercando un’alternativa alla condizione di isolamento imposta dalla pandemia. Risposte innovative e intelligenti però ci sono. Questa estate è nata SmartWay.Work, una start up che seleziona alcune destinazioni in varie regioni d’Italia, da Fiumefreddo Bruzio, un paesino di 300 abitanti affacciato sul mare, a Monterubiaglio, borgo medievale di 652 abitanti, per andare a vivere e lavorare e forse anche rianimare il luogo. Smartway infatti si propone di garantire connessioni stabili e servizi scarsi, nonché di fare rete tra gli imprenditori del luogo in modo da supportare, da una parte lo smart worker, dall’altro le imprese. Altro esempio è il nuovo Borgo Office, un nuovo progetto di ospitalità e insieme sostegno alle economie locali ideato da Federico Pisanty. Si sceglie un borgo e una struttura in cui andare a vivere e abitare, ma invece di pagare l’affitto o la stanza, si ha solo obbligo di ricambiare l’ospitalità sostenendo con i propri acquisti le aziende agricole del luogo. Lo chiamano modello win win e poi ancora win, visto che coinvolge nomadi digitali, aziende agricole e il borgo.

In pochi giorni le richieste di adesione al network di borghi predisposti al workcation sono arrivate da tutte le regioni. Si va da Bertinoro, il Balcone della Romagna, con un’azienda agricola produttrice di vino, alla contrada Murgia Sgolgore, a metà strada tra Altamura e Matera, ospiti di una masseria, o a Staffolo, in provincia di Ancona, in una casa colonica che produce il Verdicchio. Insieme ai servizi, vengono presentate anche le possibilità di esplorazione del territorio. Chi sceglie, per la sua workcation, Bagolino, nell’alta Valle Sabbia, può passare dalle degustazioni del formaggio locale Bagòss a quelle di radicchio e lamponi, fino al trekking in valle o lungo il Lago d’Idro. Chi sceglie Paderna (nella foto), sui colli tortonesi, sa che può ripercorrere in bicicletta le strade che furono di Fausto Coppi… Si tratta, in definitiva, un modo per sviluppare dal basso un turismo non invasivo, ma certo di sostegno alle economie locali e guarda caso, un turismo che risponde ai bi-sogni di colui/colei che viene considerato il turista modello post covid. Un uomo o una donna in cerca di una relazione autentica con il luogo, capace di apprezzare la natura, anche quella di prossimità, e i suoi spazi aperti, come i prodotti enogastronomici locali. E si tratta di un sodalizio della comunità dei viaggiatori capace di suggerirci una strada per ripensare il modo di far esprimere tutte le potenzialità dei territori.

Se vuoi saperne di più o posso aiutarti per le tue esigenze specifiche contattami.  

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