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Nutraceutica, metà nutrizione, metà farmaceutica

[Pubblicato su Sette/CorrieredellaSera 15 maggio 2015] In questi giorni, le prime 10 mila piantine di pomodoro “super bio” del vivaio L’Ortofruttifero di San Giuliano Terme saranno messe in vendita. Un frutto speciale a cui sono stati restituiti i microorganismi benefici che vengono distrutti con l’agricoltura convenzionale, e per questo dotato di qualità superiori per proprietà antiossidanti e contenuto di licopene, fosforo, zinco, potassio e calcio. Manuela Giovannetti, direttore di Nutrafood, il Centro Interdipartimentale di Nutraceutica e Alimentazione per la Salute che ha condotto lo studio nei laboratori dell’Università di Pisa, dice che il successo è proprio questo: «Esser passati dalla ricerca alla produzione». E non è la prima volta. «Con il Caseificio Manciano» continua Giovannetti, «abbiamo prodotto un formaggio a basso contenuto di colesterolo arricchito con grassi funzionali, come il linoleico omega3, alimentando le pecore con semi di lino: il beneficio su soggetti ipercolesterolemici è stato confermato da uno studio dell’Università di Cagliari». E con una domanda sanitaria che rappresenta l’80 per cento della spesa pubblica, si capisce perché la Toscana abbia deciso di investire …

Maccaroni. Una vecchia storia.

[Intervista pubblicata su Sette/CorrieredellaSera] Un lavoro di ricerca durato più di cinque anni e iniziato quando l’Expo era solo un pensiero, attingendo dagli archivi di Stato, vescovili e privati. E perquisendo, scortato da due archiviste, tra fondi e collezioni, documenti e stampe antichi, molti dei quali precedenti il Quattrocento, per andare alle origini delle cucine locali su cui si è costruito il culto della tavola italiana. Stefano Pronti, storico e critico d’arte piacentino, ex direttore di Palazzo Farnese e del teatro di Piacenza, ammette apertamente di non amare quella creatività che nell’ultimo Novecento ha deviato la tradizione gastronomica del Bel Paese. In casa sua, la moglie, cuoca sublime, cucina ancora la Lingua di bue allo scarlatto alla maniera di Ada Boni, l’unica che ricorda quella che si mangiava negli anni Cinquanta, quando i macellai giravano la lingua nel salnitro per sei, sette giorni, fino a farla diventare, appunto, scarlatta: «Questo è un tipo di cucina che abbiamo perso in modo irrecuperabile», dice. La cucina a Piacenza, in Italia e nei secoli, il libro che raccoglie …

Un menu per la storia

[Pubblicato su Sette/CorrieredellaSera del 15 aprile 2015] All’Hotel de Paris di San Remo, la sera di Natale del 1898, si serviva un consommé princesse seguito da trota salmonata con salsa écrevisse, Roast beef à la Renaissance, costoletta di capriolo, Aspic di fegato d’oca, piselli freschi alla francese e punch allo champagne; quindi pernici in voliera, insalata italiana, cassatina, torrone montato e dessert assortiti. Nulla si sa sui vini, ma le finissime decorazioni del menu assicurano che si trattava di un pranzo importante. Uno dei tanti raccontati dai 120 menu storici provenienti dalla collezione privata di Domenico Musci, dall’Accademia Barilla di Parma, dall’Associazione Internazionale Menu Storici e da alcune collezioni private, esposti nella mostra “A Tavola tra Cultura e Storia” che, quest’estate sarà ospitata prima al Palazzo Oddo di Albenga, quindi ad Alassio e altre città delle così dette Alpi del Mare. Pranzi di nozze, festeggiamenti, congressi, conferenze e inaugurazioni, dall’Ottocento ai giorni nostri, che tracciamo, attraverso le ricette e l’ospitalità, la storia dei costumi alimentari della regione. «La cucina ligure è una cucina di terra, …

Liguria, dalla terra alla tavola

[Pubblicato su Sette/CorrieredellaSera del 15 aprile 2015] Quest’anno forse si tornerà alla produzione normale. Ci sono voluti quasi quattro anni perché le vigne ripiantate riprendessero il loro ciclo e, dopo qualche estate piovosa, Bartolomeo Lercari avrà di nuovo i suoi 180 litri di Sciacchetrà. Le vigne di famiglia sopra a Vernazza ora coprono 1,9 ettari, che poi corrispondono a 25 ettari di vigna lavorabile con le macchine. Questa invece la si percorre solo a piedi, in salita e discese ripidissime, ché la monorotaia trasporta solo pietre e concime. «La mia azienda è stata tra le più danneggiate dall’alluvione del 2011» dice Lercari, «tanto che a rifare i muretti a secco mi hanno aiutato anche i vignaioli delle altre Cinque Terre». La sua dopo tutto, è una storia antica: la nonna aveva una mescita in paese e vendeva uva da tavola al mercato di La Spezia, mentre il trisnonno “andava con la barca all’orizzonte” per vendere il vino ai bastimenti di passaggio. Così, quando a gennaio 2014, quindici dei ventidue produttori del famoso passito ligure hanno …

Viaggiare slow and food

[Articolo pubblicato su Sette/CorrieredellaSera il 21 novembre 2014, qui la parte 1]. La principale motivazione che sta dietro la scelta di una meta è, dati alla mano, il cibo. Secondo Pangea Network, l’attuale 66 per cento che mette l’enogastronomia come ingrediente base del viaggio è destinato ad aumentare. Ma, ancora, non si tratta di andare a “mangiare lontano” o a seguire passivamente percorsi di degustazione. Significa imparare a coltivare prodotti locali, partecipare a corsi di cucina, aiutare popolazioni a preservare tradizioni autoctone. Così, anche le classiche mete tutte spiagge bianche e mare cristallino si adeguano. Alle Isole Vergini Britanniche per esempio, non bastavano i fenicotteri di Anegada o le piscine naturali di Virgin Gorda e, da novembre, ecco la prima edizione di BVI Food Fete, il Festival dei Sapori Caraibici istituito per allietare i turisti con lezioni di barbecue, sfilettatura di pesce, preparazione della tipica aragosta spinata e salsa creola. In Repubblica Dominicana, sono le Rutas di prodotti come zenzero, cacao, o caffè, ad aver incrementato, e diversificato, un turismo fedele alla formula villaggio. Da …

Viaggiare peer to peer

[Pubblicato su Sette/CorrieredellaSera del 21 novembre 2014] Siamo la maggioranza, il 60 per cento secondo lo studio di Think with Bit, la Borsa Internazionale del Turismo, e facciamo due vacanze l’anno. Nel Bel Paese e all’estero, come tradizione. Ma quello che sta cambiando, è il nostro modo di viaggiare. Dall’organizzazione al ritorno a casa, racconto delle avventure compreso. Un po’ per istintiva attrazione verso il nuovo (che altrimenti che viaggio sarebbe), un po’ per necessità (leggi tempi di crisi), sta di fatto che, come dirà in anteprima alla Bit2015 Chris Fair, fondatore di Resonance Consultancy, analista leader nel marketing turistico, il conspicuous leisure sta ormai scalzando il conspicuous consumption: ovvero, meno beni di lusso e più lusso del piacere. Della cultura, della conoscenza, della condivisione di gusti, tradizioni, percorsi. È la nascita del turismo esperienziale, con un occhio ai Millennials (i nati a fine secolo scorso che saranno il 60 per cento dei viaggiatori nei prossimi 5 anni), e un altro ai soliti Baby Boomers, ancora attivi e soprattutto padroni di due variabili importanti: tempo …

Vino naturale. Più bio del bio

[Pubblicato su Sette/CorrieredellaSera del 24 ottobre]. Sono per lo più giovani, dai 25 ai 35 anni, quelli che vi si avvicinano. Per assaggiarlo, comprarlo, iniziare un nuovo modo di fare impresa agricola. Con una bella spinta, almeno per quanto riguarda il fenomeno enologico, data dal docufilm del solito regista e sommelier americano Jonathan Nossiter. Perché il vino naturale è più bio del bio e, più che un modo di fare viticultura, è uno stile di vita, un diverso rapporto con la terra. Non ha legislazioni di riferimento, poiché l’unica che regola i prodotti vitivinicoli biologici, pubblicata sulla gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il 9 marzo 2012, ammette ancora l’uso di quaranta prodotti “non naturali” tra cui lieviti selezionati, enzimi, gomma arabica, tannini aggiunti e vaniglia sintetica, e i viticultori naturali, quelli che vogliono eliminare in toto la chimica sia in campagna che in cantina per intenderci, non ne vogliono sapere. L’unico composto chimico ammesso, secondo Angiolino Maule, presidente di VinNatur, l’associazione di viticultori naturali che ogni anno organizza nella Villa Favorita a Sarego, nel vicentino, un …

Brač. L’altra Croazia

[Pubblicato su Sette/CorrieredellaSera il 22 agosto 2014] Potrebbe sembrare strano che la prima cosa si venga consigliati di fare una volta arrivati a Brač, sia salire sulla cima di Vidova Gora, la più alta delle isole dell’Adriatico. Ottocento metri sopra a quel mare per cui, in definitiva, siamo arrivati fin qui, tra pini neri, salvie e rosmarino selvatici, mulattiere e pietre in rovina. Si sale non solo perché da qui si gode il miglior, e forse unico nel genere, panorama sulle isole della Dalmazia, ma perché, in fondo, è questa la miglior prospettiva per rendersi conto che Brač è un’altra isola. Verde, anzi verdissima, con le sue valli coltivate a vite, e puntellata di baie blu e architetture dorate. Lo sguardo spazia dalla vicina Hvar, fino all’isola di Vis e a Korčula, quindi a Lastovo. Siamo, almeno con gli occhi, vicino alle isole Tremiti, tanto che nelle guide si legge che, nei giorni particolarmente limpidi, si riuscirebbero a scorgere persino le vette dell’Appennino… Poco importa, perché è a ciò che è più vicino che dobbiamo guardare. …

Egadi, Odissea blu

[Articolo pubblicato su Sette il 11 luglio 2014] C’è chi dice che la storia delle Egadi, l’anima di questa manciata di isole nel blu più blu del Mediterraneo, sia la storia della pesca del tonno. Ma i tonni in queste acque hanno cominciato a scarseggiare a partire dagli anni Settanta a causa dell’inquinamento acustico e delle tonnare volanti nello stretto di Gibilterra, mentre le tonnare di corsa, o “di attesa” come le chiamano da queste parti, prima quella di Formica, la più pescosa e meno conosciuta, poi quella di Favignana con lo stabilimento Florio, oggi museo di archeologia marina e cultura isolana, hanno cessato di essere calate in mare poco dopo. Eppure, chi si trovasse a navigar per questi lidi, abbagliato dal bianco calcareo e dai fondali cangianti, non potrebbe far a meno di abbandonarsi a quella che, se non è più storia, è almeno mitologia. La mattanza, un rito che qui si è prolungato, ultimo ad arrendersi nel Mare Nostrum, fino al 2007, ha ancora i suoi eroi. Eroi che oggi accompagnano in giro per …

Maledetto Galles!

[Articolo pubblicato su Sette/CorrieredellaSera del 21 maggio 2014] Come ogni leggenda che sia degna di rispetto, Dylan Thomas morì giovane in circostanze poco chiare (la versione della morfina somministrata per lenire le difficoltà respiratorie non ha mai soppiantato quella del poeta finito al St. Vincent Hospital di New York dopo essersi scolato diciotto bottiglie di whisky alla White Horse Tavern in Hudson St), fu rincorso da fama improvvisa e debiti, e venne, in egual misura, odiato e idolatrato. Quello che è certo, è che la sua poesia è imbevuta, fino all’ultimo verso sì, del paesaggio del Galles. Onirico e turbolento, selvaggio e innocente, disperatamente romantico. Come la penisola di Gower, sulle cui coste Dylan Thomas amava camminare portando i suoi demoni – diceva lui stesso – a prendere una boccata d’aria. Nel centenario della nascita, tutto il Galles ospiterà fino a novembre, una serie di eventi per celebrarne l’opera. Reading di poesia, mostre, spettacoli teatrali, concerti e conferenze, terranno vive alcune delle località più amate. Dai villaggi di pescatori come Llansteffan e Rhossili che ispirò, in …