Ed è di nuovo segale
C’è un detto nelle valli piemontesi che dice: Lou sél l’è lou pan e lou pan l’è la vita. La segale in montagna serviva un po’ per tutto: fare il pane, appunto, ma anche la birra, rifornirsi di paglia per la lettiera degli animali, costruire i tetti. La festa transfrontaliera del Pan Ner , che si celebra il 2 e il 3 ottobre nei forni comunitari dei villaggi alpini, dalla Valle d’Aosta alla Svizzera e Slovenia, quando cioè si riaprono gli antichi forni per cuocere, una volta l’anno come un tempo, il pane di segale, scuro, compatto, dal sapore acidulo, è quindi anche la festa di un antico cereale la cui coltivazione, nonostante la sua estrema resistenza a temperature rigide e siccità, dopo gli anni Cinquanta è stata abbandonata a favore di colture più produttive, magari in pianura, magari meccanizzate. Ecco allora che quei costoloni assolati che un tempo erano stati i granai delle valli, sono stati abbandonati, spesso insieme ai villaggi stessi, convertiti a pascolo e a fienagione. «Con la sparizione della segale e …