All posts tagged: design

Mandalaki, la luce della montagna

Montagna ispirazione e aspirazione, uno dei mantra di questo Migrazioni Verticali. E intreccio dialettico che sta alla base di un progetto come quello di Halo Expeditions di Mandalaki, team multidisciplinare tra design industriale, economia e arte formato da Enrico De Lotto, George Kolliopoulos, Giovanni Senin e Davide Giovannardi, anch’esso visto alla Settimana del Design di Milano. Mandalaki “usa” le Dolomiti per un’installazione che loro stessi definiscono: «Un’ esperienza audio-visiva ipnotica che trasporta i visitatori in un mondo parallelo, primordiale e onirico, che ci ricollega alla nostra Terra e al desiderio di scoperta insito nella nostra natura». Si parla di luce, o sarebbe più corretto dire di un progetto di illuminazione, Halo Edition, che viene esaltato dalla materia del paesaggio delle Dolomiti. Esiste anche un video, Dolomites- between light and matter, realizzato con utilizzo di droni e tecnologie ottiche sofisticate, che mostra il divenire e il processo di ricerca delle diverse installazioni site-specific. È una sorta di viaggio nel luogo-montagna, con ripidi sentieri, torrenti impervi, volando sopra le cime degli alberi e delle vette, al calar …

Alpine Rising, vivere la leggenda della montagna

Uno dei progetti presenti alla Design Week di Milano era quello di Markus Benesch e Curious Boy che presentava Alpine Rising. Le montagne sono il posto ideale per ogni leggenda. Ce ne sono intorno ai piccoli omini di pietra (sassi impilati per segnalare un sentiero che per la verità si trovano dalle Dolomiti all’Islanda, i cairn), e ce ne sono intorno ai Krampus e alle loro maschere intagliate che si vedono da dicembre nelle feste di piazza  in Alto Adige. In Svizzera, queste anime che vagano in quel territorio tra l’immaginifico e spaventoso che sono le leggende di montagna, si chiamano Tuntschi, bambolotti costruiti con  legno, stracci e paglia dai malgari. Markus Benesch, nel progetto Alpine Rising, ha pensato a loro.  Li ha usati come strumento di connessione con una natura che lascia liberà la creatività. Non stupiscano quindi se le forme alpine sono reinterpretate con colori acidi e brillanti (ma non sono forse questi i colori della montagna?), i mobili e gli oggetti che sembrano usciti da una favola. Per Markus Benesch il Tuntschi …

Benvenuti nell’iper luogo. L’aeroporto che diventa destinazione

Dimenticatevi la mera funzionalità. La solitudine, la standardizzazione. L’impressione di essere dovunque e in nessun luogo. Come scrivere Michel Lussault nel suo ultimo libro Iper-Luoghi (Franco Angeli) lo spazio senza identità e geografia di Marc Augé ha fatto il suo tempo. Oggi imperano luoghi caratterizzati dalla sovrabbondanza di connessioni, di possibilità, di evasioni e di esperienze. Luoghi che fanno della mobilità un’esperienza sociale, un gesto identitario. Sono i numeri, del resto, che ci dicono che vivere l’aeroporto non solo si può, ma è sempre più normale. Secondo Iata, la più grande associazione internazionale delle compagnie aeree, nel 2020 voleranno 4,72 miliardi di persone, il 4 per cento in più del 2019. Ma è pensando che nel 1945 i passeggeri erano solo nove milioni, che si intuisce la dimensione del fenomeno. L’aeroporto è oggi la prima tappa di un’esperienza turistica, un luogo in cui si mescolano flussi e mondi, informazioni e desideri. Secondo Lussault, infatti, come tutti gli iper-luoghi, gli aeroporti sono chiusi e iper protetti e allo stesso tempo aperti e accoglienti, inglobando pezzi di natura, …

Le case che siamo (diventati)

Sono almeno quattro miliardi le persone in tutto il mondo che negli ultimi mesi hanno prolungato la permanenza tra le mura domestiche. Così, quell’intimo luogo dell’abitare sui cui per anni, come scrive Luca Molinari, docente di Teoria e Progettazione dell’Architettura presso la Seconda Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, nella sua nuova edizione di Le Case che Siamo (Nottetempo), si è riflettuto poco e discusso ancor meno, dandolo quasi per scontato nei suoi spazi ed evoluzioni, si è ripreso tutto il suo valore emotivo e progettuale. Non nel senso di “casa dolce casa” va detto, ché in effetti, quei metri quadrati delimitati dalle solite quattro pareti hanno svelato il loro lato sinistro, ma in quanto rifugio in cui ri-costruire e ri-mettere in scena la complessità della nostra esistenza. E della nostra convivenza. Vita, lavoro, formazione, divertimento, amore, relazioni. Come ha affermato Michele De Lucchi in una recente intervista a L’Espresso, bisogna forse imparare a “essere meno incatenati agli spazi, agli oggetti e alla loro disposizione”. Flessibilità e trasformabilità sono quindi sono i tratti salienti, e …

Anty Pansera, la cultura sessista del Bauhaus

Inutile fare giri di parole, la storia è di chi la racconta e per larga parte, la storia del design è stata raccontata da uomini. «È inevitabile che si faccia riferimento al proprio “fare”, al proprio linguaggio, e che si rileggano gli eventi secondo la propria specificità», dice Anty Pansera. Lei che del design è una storica sui generis, fresca di Compasso d’Oro alla carriera, e che non ha mai smesso di guardare alla cultura progettuale con curiosità interdisciplinare. «Devo ammettere che è stato nel 1999, quando l’Unione Donne Italia di Ferrara mi ha chiamato a curare la loro decima Biennale Donna dedicata al design, che mi sono costretta a una riflessione di genere. Passando al setaccio i miei libri, mi sono accorta che le donne rimaste erano ben poche. Ricordo che allora feci tre telefonate: a Gae Aulenti, che bocciò l’idea, a Cini Boeri, possibilista, e ad Anna Castelli Ferrieri, che mi spronò». Nasce così la mostra Dal merletto alla motocicletta, a cui ne seguirono altre sulla creatività femminile, fino a oggi e al …

Le nuove architetture del vino

«È finito il tempo delle archistar. I progettisti che oggi stanno ripensando le architetture del vino tengono a bada il proprio ego a favore di funzionalità e sostenibilità». Parlava così Tony Chambers, direttore creativo e consulente di design, qualche settimana a Academia Berlucchi, una sorta di moderno simposio voluto dalla famiglia Ziliani sui temi di sostenibilità, territorio e innovazione. Ciò non significa che le nuove architetture del vino non siamo spettacolari, se mai, che lo sono in un modo nuovo. Più intrecciato a produzione e cultura del vino, e fedele alla geografia in cui questi edifici sono inseriti. D’altra parte oggi, se si costruisce “su” e “per” la Terra, non si può non parlare di sostenibilità. «Non solo ambientale però» continuava Chambers, «bisogna tener conto anche degli esseri umani che abitano e lavorano in una costruzione, altrimenti la sostenibilità architettonica diventa un gesto vacuo». Che è poi quello che dice Hikaru Mori dello studio ZitoMori per il progetto della nuova cantina Masseto a Bolgheri, quando afferma che l’edificio è fatto per ospitare un insieme complesso di …

Grazie dei fior. Il floral design che non ti aspetti

Si può fare la rivoluzione con i fiori? L’espressione “flower power” per esempio, che da anni rimbalza sulle pagine delle riviste patinate, fu coniata all’inizio degli anni Sessanta dal movimento che contestava la guerra in Vietnam (con Allen Ginsberg che nel suo manifesto per la marcia per la pace di Berkeley, Demonstration or Spectacle as Example, As Communication or How to Make a March/Spectacle, scriveva di “mass of flower”). Segno che l’effimero talvolta nasconde dichiarazioni più sottili, diventando espressione, odorosa, dei cambiamenti della società. «Moda, arte, spinte etiche o ecologiste. Sono tutti aspetti che hanno influenzato e influenzano il flower design», dice Clare Coulson, curatrice del nuovo volume Blooms. Contemporary Floral Design di Phaidon. «È forse però l’enorme movimento verso la sostenibilità e la cura delle nostre risorse che ha provocato il cambiamento più importante nel modo in cui usiamo i fiori oggi; celebrando piante locali, rispettando la stagionalità, e adottando un approccio più responsabile, a cominciare dal coltivare in prima persona ciò che poi recidiamo». È, in un certo senso, la trasposizione in chiave verde di …

Charlotte e le altre…

In ogni storia, si nasconde sempre una buona parte di ironia. Nella storia del design, per esempio, è probabile che questa ironia si materializzi in una coppia di cuscini colorati. Precisamente, in quella disegnata nel 1925 da Claire Wagner Kosterlitz, giovane studentessa del Bauhaus di Dessau, la cui opera, secondo Juliet Kinchin, curatrice della mostra Designing Modern Women, 1890s–1990s, dal 5 ottobre nelle sale di Architettura e Design del MoMA di New York, «può essere assunta a simbolo del potenziale creativo e professionale delle donne, nonché della loro capacità di introdurre nella quotidianità, anche attraverso oggetti umili, il linguaggio delle avanguardie artistiche». Nei primi decenni del Novecento, occuparsi di cuscini non doveva tuttavia essere gratificante. E non solo perché Kosterlitz fu costretta per tutta la vita a nascondere il suo talento dietro un lavoro di badante a tempo pieno, ma anche perché dedicarsi al design tessile era considerata un’attività prettamente femminile e quindi, minore. Per esempio, quando, in un pomeriggio del 1927, disegni sottobraccio, Charlotte Perriand si presentò allo studio di Le Corbusier per cercare …