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La nuova vita dei taralli

Stavano facendo bollire i taralli di grano arso prima di metterli in forno, poi l’assaggio, la meditazione sulla consistenza, piacevolmente elastica, e la prova della tostatura in padella fino a creare una sorta di nuova pasta. Oggi i taralli bolliti con un ragù di interiora di pesci e cicoriella selvatica sono uno dei piatti che Andrea Ribaldone (una stella Michelin con il Due Buoi ad Alessandria) e Domenico Schingaro presentano nel ristorante Due Camini di Borgo Egnazia, a Savelletri di Fasano. Ripensare una cucina tradizionale come la pugliese non è facile. Eppure quel ragù di fegato di pescatrice e palamita, lasciato a marinare nel latte per tre ore, poi cotto al forno in cartoccio e frullato, con aggiunte di lumachine di mare, cozze, e completato da una crema di amaro di cicoria, è l’esempio perfetto di quello che Ribaldone chiama «La verità, e il senso, del luogo». Parlare di territorio, secondo lo chef piemontese, non è infatti fare il “bravo chef”, ma cercare risorse locali, acquistare in modo diverso, stringere con i produttori accordi di collaborazione. Il che significa, nella …

Primo: non sprecare

«Cosa ho cucinato ieri sera? Un cuore. Ero andata dal mio fornitore di latticini di fiducia che ogni quattro mesi abbatte una vacca di pezzata rossa e ne distribuisce la carne: nessuno vuole il fegato, la trippa o il cuore. Io invece ho preso quello e l’ho semplicemente scottato in padella abbinandolo a fragole calde cotte nel loro succo e fave fresche della nostra campagna». Antonia Klugmann, chef dell’Argine a Vencò, Gorizia, è una delle voci più interessanti del panorama dell’alta cucina. Incanta e stupisce anche quando, a Identità Golose, presenta i nervetti di vitello ricavati da un ginocchio che il macellaio le ha regalato con nespole e caffè. «Dobbiamo imparare a valutare le materie prime al di là del loro prezzo di acquisto. Lo spreco è una delle cose più ineleganti che si possono fare. E sprecare significa soprattutto trattare i prodotti della terra come se fossero oggetti qualunque. Come se non avessero in sé un percorso produttivo e di vita». Pare quasi una febbre comune, tra gli stellati padroni di cucine e palcoscenici, …

Due chiacchiere con Pietro Leemann

Ho scambiato parole con Pietro Leemann per un mio pezzo per Style Piccoli, questa è l’intervista integrale. A 15 anni folgorato da una charlotte russa.. è importante essere emozionati dal cibo quando non solo il nostro gusto, ma anche i nostri circuiti emotivi si stanno formando? Sono convinto che noi nasciamo con delle predisposizioni. Siamo in un certo senso predisposti a una certa esperienza di apertura al cibo, ma è importante anche il luogo in cui viviamo e come ci vengono trasmessi l’educazione e il rispetto per il cibo. Io ero predisposto a essere vegetariano e alla qualità del cibo. D’altra parte sono nato in un famiglia in cui si cucinava bene e vicino alla natura…. Perché il cibo è così importante? Perché il cibo è determinate, o meglio ci determina: a seconda del cibo che decidiamo di mangiare, noi abbiamo una trasformazione. Per questo è importane coltivare l’apertura verso il cibo tutto, soprattutto quello nuovo. L’atto di mangiare è in fondo un’affermazione di sé. Inoltre il  cibo va sempre osservato come fonte di condizionamento o di libertà. Se scegliamo …

Carlo Cracco vs Gordon Ramsay

[Pubblicato su Gioia! del 18 luglio 2015] Carlo Cracco e Gordon Ramsay. Hanno cucinato insieme per la prima volta qualche giorno fa e, tra insalata russa caramellata, pizza in ravioli e trancio di baccalà fondente al caffè e bietole, pare si siano comportati meglio dei proverbiali due galli in un pollaio. Per Gioia! li abbiamo incontrati qualche ora prima della cena-evento in una suite del Principe di Savoia di Milano e sottoposti a una sfida a base di domande. Così, alla fine, qualche segreto l’hanno svelato. E non solo di cucina. Cominciamo subito: ditemi tre cose che “demoliscono” il mito dello chef… Gordon Ramsay: Per prima cosa la tua ex ragazza non verrà mai a cena da te. Poi le docce, dopo aver cucinato per parecchie ore, sono davvero necessarie! Come farsi la manicure del resto, almeno tre volte la settimana: io controllo sempre mani e unghie a tutto lo staff! Carlo Cracco: Ma no, le cose negative c’erano prima, quando gli chef erano chiusi in cucina. Oggi è un mestiere dai mille sbocchi e molto …

Tutto il buono dell’Alto Adige

[Pubblicato su Sette/CorrieredellaSera  del 3 luglio 2015] Più di sette milioni di baffe, ovvero 31 mila e 700 tonnellate: questi sono i numeri della produzione totale di speck in Alto Adige nell’ultimo anno (il 35 per cento marchiato Igp). La domanda che si fa Alexander Holzner, macellaio di Lana votato al biologico e alla filiera corta è: «Ma dove sono tutti questi maiali?». Che è poi quello che si chiedono un po’ tutti, anche se il consorzio dello Speck Alto Adige IGP definisce rigidamente i parametri di qualità dell’intera filiera. Holzner comunque, alla prima gara di speck locale tenutasi a Bolzano lo scorso febbraio, e vinta, a onor del vero, dalla macelleria Pfattner Johann di Lazfons, era l’unico che aveva portato una mezzena senza conservanti, e ha avuto la medaglia di bronzo. «Presentare un prodotto così noto in modo “nuovo” è sfida difficile, ma per me è un dovere riprendere la storia della nostra conservazione delle carni». Che si faceva senza salnitro appunto, che affumicava con un fumo freddo che non superava i dieci gradi …

Tutti pazzi per gli chef

[Pubblicato su Gioia! n. 25 giugno 2015] Alla fine è andata così. Pensavamo che il Ventesimo secolo fosse stato quello della liberazione sessuale e, nel Ventunesimo, ci ritroviamo, ancora, tra padelle e fornelli. L’unico fuoco della passione brucia lento sotto uno stracotto e il solo letto che frequentiamo sembra quello delle erbe aromatiche che accompagnano i filetti di cernia. Gianfranco Marrone, saggista e semiologo, autore dell’acuto Gastromania (Bompiani), non ha dubbi: «L’uomo è l’unico animale che trasforma il cibo prima di mangiarlo e lo chef, storicamente, è sempre stato considerato una sorta di mago. Un alchimista dei sapori, fino a poco tempo fa conosciuto solo dai critici gastronomici, e che oggi è semplicemente uscito dalla sua stanza per entrare nella ribalta mediatica; mentre nei ristoranti, è la divisione stessa tra sala e cucina a sparire, con i commensali che lo chiamano al tavolo per conoscerlo». Perché stupirsi quindi, se le trasmissioni più seguite continuano a essere quelle a base di ricette e impiattamenti, o se, per assaggiare il menu di René Redzepi, padre del locavorism …

Il cibo, Leemann e la libertà

[Pubblicato su Style Piccoli maggio-giugno 2015] Arriverà il giorno in cui alla cassa del supermercato non ci saranno più caramelle, ma mele. E con una mela premieremo i nostri figli e le nostre figlie. Presto il cibo non sano, il junk food, non sarà più sostenibile, né per l’ambiente, né per la nostra salute, e allora saremo grati a chi ha coltivato il rispetto per tutti i cibi del pianeta, e a chi ci ha ricordato che il momento in cui ci si siede a tavola insieme, è sacro. Bisogna essere consapevoli che noi siamo quel che mangiamo. Pertanto, quando scegliamo con cosa alimentarci, determiniamo anche noi stessi come persone. E quando, come genitori, decidiamo cosa dar da mangiare ai propri figli, compiamo un atto educativo. Io stesso l’ho fatto con mia figlia Romy, cresciuta vegetariana. Diventata grande, lei ha scelto da sola cosa mangiare e ha scoperto di amare la cucina a base di pesce. Perché educare non significa imporre, ma semplicemente donare strumenti di conoscenza. Per esempio, far assaggiare fin dai primi anni …