Viaggio verso l’altro. E l’altrove
“Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini” diceva Ibn Baṭṭūṭa. Il Marco Polo arabo in trent’anni percorse più di 117 mila chilometri in quarantaquattro nazioni, dall’Africa al sud-est asiatico, e, per primo, raccontò il sentimento del passaggio da un mondo a un altro; la sensazione, un misto di smarrimento e sorpresa, nell’incontrare un altrove sconosciuto. Lui, marocchino, musulmano, tra i più grandi esploratori della storia, al seguito del corteo della terza moglie del sovrano dell’Orda d’Oro Uzbek Khan, era, nel 1334, a Costantinopoli, ospite dell’imperatore bizantino e incantato dalla maestosità della basilica di Santa Sofia. In verità, si leggerà, l’incanto non è di per sé garanzia d’incontro con l’alterità. E, non sempre, chi tutto vede, tutto conosce. Certo, come dice Franco Riva, docente alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano e autore di Filosofia del Viaggio (Castelvecchi ed.): «Nessuno viaggerebbe più se non credesse ancora di incontrare qualcosa di diverso da sé. Se non confidasse in un po’ di meraviglia. Il bisogno di un altrove è così necessario che, quando …