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Biennale Gherdëina, l’arte per una comunità di montagna

Arte e montagna si nutrono da sempre reciprocamente. Chi frequenta le ascese sa che i confini tra spazio geografico ed emozionale sono sottili. Ispirazione e aspirazione convergono, e il paesaggio, da oggetto contemplativo e ricreativo, diventa medium culturale. Personalmente dell’arte ho una frequentazione da appassionata, e della montagna, da devota adepta, ma ogni qualvolta le ho viste convivere, non ho avuto dubbi sul modo naturale, parola che in questo caso risuona doppiamente, in cui le vette accolgono le arti. Anche la Biennale Gherdëina, che ha preso il via il 20 maggio in val Gardena (fino al 25 settembre), pare alimentarsi del dialogo tra queste forme elette. Il titolo Persones/Persons, curatela di Lucia Pietroiusti e Filipa Ramos, mi dice però anche qualcosa della montagna di oggi. Sempre più terra “alta” e “altra”, in cui un paesaggio idealizzato e consumato fa spazio alle vite e alle voci che lo abitano. Le Persones della Biennale Gherdëina, dicono le curatrici, sono albero, lago, pietra, animale, vita, parola; che sono io e voi, ma soprattutto sono anima e carne di questi luoghi. Si …

Elogio dell’errore

L’immane RagnoFerro di Curnasco si gratta con un albero che di solito abbatte con un calcio. Ha un passo di duecento metri ed è capace, se ha sete, di prosciugare il lago di Como in pochi sorsi. Quando fa la pipì può allagare un’intera città e quando ha fame può inghiottire anche un autotreno. L’immane RagnoFerro di Curnasco lo ha inventato, disegnato e raccontato, un bambino di dieci anni che lo ha immaginato con tante zampe, più di quelle che ce ne sono in realtà. È un ragno sbagliato, un errore della natura, come per errore è cominciata l’avventura di Luca Santiago Mora e del suo Atelier dell’Errore: «Un’amica mi ha chiesto di sostituirla per un anno nel laboratorio di arti visive del reparto di neuropsichiatria infantile di Reggio Emilia e Bergamo. Sono passati quattordici anni e questa esperienza è diventata un vero laboratorio di scultura sociale dove l’opera d’arte non è che il lavoro fatto sull’energia dell’essere umano. Su quello che comunemente chiamiamo “errore”, è stato costruito un metodo, una strada per trasformare in …

Passeggiata in Fondazione Cini

[Articolo pubblicato su Sette/Corriere della Sera il 25 aprile 2014] Poco più che la replica di un illustre spettacolo. Questo pare, dalla riva di San Giorgio Maggiore, piazza San Marco. E questo è, il primo privilegio di cui gode la piccola isola affidata nel 982 dal Doge Tribuno Memmo al monaco benedettino Giovanni Morosini ancora oggi unico bene demaniale in laguna. Un punto di vista aristocratico, nel suo geografico distacco, un’isola nell’isola, che nei secoli ha mantenuto la sua indipendenza dagli obblighi, ieri dogali e ora turistici, di Venezia. Una condizione di naturale libertà di cui bisogna avere consapevolezza anche quando si varca il cancello del vecchio monastero benedettino, oggi Fondazione Giorgio Cini. Discreto e indifferente ai più, esso protegge un tesoro dietro un campanello di ottone. Ma, appunto, ciò non sarebbe possibile se quei vincoli, religiosi, culturali o amministrativi, non fossero stati rimossi dalla Storia. Come ama ripetere Pasquale Gagliardi, segretario della Fondazione nonché promotore delle importanti trasformazioni che l’hanno interessata negli ultimi anni: «Noi siamo qui e, allo stesso tempo, non siamo. Il nostro …