“Il sistema alimentare è uno dei più inefficienti del sistema umano” ha detto Sam Kass, chef guru di Barack Obama. Erano seduti sul palco di Seeds&Chips, il summit globale sulla Food Innovation di Milano, lui e l’ex presidente americano, quasi in maniche di camicia, come due vecchi amici a far due chiacchere salottiere sul fatto che, se andiamo avanti così, tra cambiamento climatico e sprechi, sarà difficile che in futuro ci sarà cibo per tutti. «Negli Stati Uniti usa si getta il 40 per cento di ciò che si porta in tavola. Se imparassimo a mangiare cibi freschi, invece che confezionati e porzionati, sarebbe già un passo avanti. Perché possiamo, e dobbiamo, innovare nella produzione, ma la scelta di come e cosa mangiamo ogni giorno può fare la differenza», ha detto Obama. Sta di fatto che la Banca Mondiale parla chiaro: circa 10 miliardi di bocche da sfamare nel 2050, quasi tre più di oggi, e almeno il 40 per cento (dati Ocse) che avrà serie carenze d’acqua. E non è che da queste parti si possa stare tranquilli. Gli ultimi studi di Waste Watcher, il primo Osservatorio Nazionale sugli Sprechi fondato dall’agroeconomista Andrea Segrè, parlano di 16 miliardi annui, l’un per cento del Pil, buttati nella spazzatura.
Le peggiori abitudini si mettono in atto proprio in casa, nel modo in cui compiliamo la lista della spesa o conserviamo gli alimenti, tanto che lo spreco domestico incide fino al 75 per cento sullo sperpero di cibo annuo nel nostro Paese. Lo hanno confermato i “diari” del progetto Reduce: 400 famiglie di tutta Italia che hanno annotato ogni giorno il tipo e la quantità del cibo scartato, tutto poi verificato con il controllo della pattumiera per una conclusione impietosa: non abbiamo la minima consapevolezza di quanto buttiamo. «L’educazione alimentare, insieme a quella ambientale, è l’unica strada per imparare a consumare quanto basta. Per nutrirsi nel segno della sufficienza, della sobrietà e della semplicità» dice Segrè. Nel suo ultimo libro Mangia come sai. Cibo che nutre, cibo che consuma (Ed. Missionaria), elenca anche dieci consigli di economia domestica: dalla lettura delle etichette alla conservazione nel freezer, dalla condivisione dei cibo con i vicini, all’uso degli avanzi del giorno prima o degli “scarti”. Una pratica, quest’ultima, oramai esibita anche da chef stellati che da tempo, anche a congressi di alta cucina come Identità Golose, non fanno che parlare di responsabilità, di rivalutazione e uso delle materie prime indipendentemente dal costo.
«Sprecare è una delle cose più ineleganti che si possano fare» dice Antonia Klugmann, che sostituirà Carlo Cracco alla prossima edizione di Masterchef. Nervetti di ginocchio vitello con nespole e caffè, cuore scottato in padella abbinato a fragole calde e fave fresche raccolte nella campagna del suo L’Argine a Vencò (Go), finocchi bolliti, in crema o infuso per utilizzarli tutti, tra le sue ricette. Ma ci sono anche Moreno Cedroni e la sua Reduce Cooking presentata per la campagna Spreco Zero, con piatti realizzati con ingredienti di recupero come i carapaci di crostacei già lessati, gambi di prezzemolo, foglie dure di verza e pane vecchio; o Massimo Bottura e la sua ormai Onlus internazionale Food for Soul (qui link intervista). La richiesta di rispetto verso il cibo viene dal basso. Con movimenti quali il dumpster diving (dal salto che si fa per entrare nei cassonetti) e il trash-to-table, che vede associazioni come il The Real Junk Food Project di Adam Smith raccogliere alimenti nei rifiuti per poi usarli per creare pasti sani (Gordon Ramsey un mese fa lo ha fatto per esempio in un popup restaurant sul tetto del grande magazzino londinese Selfridges con piatti gourmet da 18 sterline).
Ma per la lotta allo spreco un grande aiuto può arrivare dall’innovazione tecnologica: dalla riduzione dell’impatto ambientale nella filiera agro-alimentare, fino alla creazione di nuovi imballaggi, o alla gestione dei dati per recuperare gli scarti. I capofila di questa rivoluzione sono i giovani, i millennials, che di spreco non ne voglio proprio sapere. È l’Agrogeneration che partecipa all’hackathon “no waste” organizzato da Mipaaf e MIUR a Seeds&Chips; sono i londinesi di Winnow che realizzano software per aiutare gli chef professionisti a controllare gli scarti e risparmiare migliorando i loro processi; sono i tedeschi di Tsenso che hanno creato uno speciale Fresh Index per monitorare la reale freschezza di un alimento al di là della data di scadenza; e sono gli italiani di Regusto che, connettendo domanda e offerta, riescono a smaltire gli alimenti in scadenza o in avanzo di ristoranti, negozi e produttori. Insomma, la guerra allo spreco è iniziata. «Perché si possa lavorare su un mondo contrassegnato dal progresso umano e non dalla sua sofferenza». Parola di Obama.
Articolo pubblicato sul settimanale Gioia! del 18 maggio 2017