Ebbene sì, ancora su workcation. Che non si sa bene se sia un desiderio o una vera possibilità, un’esercitazione di una probabile vita prossima o ventura, o semplice fuga momentanea. Fra le tante iniziative, compresa la recente chiamata agli e alle smartworker di Courmayeur Mont Blanc che ha redatto un Manifesto Etico per lavorare in armonia con le comunità alpine e offrendo location come la stazione della funivia SkyWay Montebianco e alcuni chalet, le iniziative che trovo più interessanti sono quelle che si pongono come attrici di un processo di cui il lavoro a distanza è solo un tassello. Un esempio (di Borgo Office e Pisanty ne ho già parlato qui) è il lavoro che sta facendo SmartWay di Berardino D’Errico che ha selezionato una serie di borghi e avanzato progetti per arricchirli di connessioni stabili e servizi, con lo scopo di portare economia e lavoro nell’entroterra italiano anche dall’Olanda. Si tratta quindi di utilizzare un bisogno (o un trend) in modo proattivo, quasi fosse l’occasione per progettare nuove pratiche di rilancio di un territorio.
Altro esempio è Anima Living che in vari borghi, da Grottole a Mattinata, ti accompagna nel progetto di una vita sostenibile per incrementare qualità della vita ed economia locale, ma soprattutto nel progetto di un’intera comunità che insieme dovrebbe costruire un nuovo modello di vita, lavoro, e uso, più o meno temporaneo, del territorio. Anche in questo caso, alle amministrazioni pubbliche si offre formazione: perché questo è il punto. Workcation non può ridursi al semplice trasloco di computer, ma può, o deve, diventare un processo per innescare occasioni positive. Altre due iniziative sono quelle di Elena Militello con il suo SouthWorking, con il particolare obiettivo di ritornare in quei luoghi (al Sud) lasciati per andare a studiare (e piccolo spoiler anche loro parteciperanno con me alla docenza della prossima scuola di Inspirational Travel Company), e la neonata NatWorking fondata da giovani che vivono tra Torino, Genova, Milano, Verona (più uno in Belgio) e che si propone come network attivo per mettere in rete territori “marginali” e attivare promozione sociale e sviluppo locale incentivando un turismo dolce e la fruizione del patrimonio inesplorato (leggi aree interne ed extraurbane di Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta). Bisognerà certo attendere di vedere “l’effetto che fa” il trasferimento dei nuovi residenti, ma val la pena valorizzare chi affronta questo fenomeno, soprattutto a livello imprenditoriale, in modo più complesso nella speranza che, anche quando il trend sparirà dalle pagine dei giornali, qualche cosa sul territorio rimanga. E magari anche nelle nostre vite.
Se vuoi saperne di più o posso aiutarti per una consulenza e tue esigenze in ambito turismo contattami a info@migrazioniverticali.it.