Sabato pomeriggio mi sono ritrovata a Malgrate, in Lunigiana. È uno dei tanti borghi di pietra che d’estate sembra racchiuso in una perfezione quasi cinematografica. Varcato l’arco, a parte il solito gatto, normalmente non si muove una foglia, ma sabato pomeriggio appunto, la piazza antistante il Castello Malaspina, era occupata da tavolate e panche. Dalla penombra delle case usciva qua e là un vociare di donne. Poi qualcuna usciva, con qualche pentola e padella in mano, e per la verità qualcun’altra arrivava, sempre con le mani occupate. Ho scoperto così che le donne malgratesi stavano preparando la cena per la Festa di fine estate che ogni anno riunisce intorno al tavolo l’intera comunità. «In quanti siete?», ho chiesto. «Non più di 150, poi qualcuno porta sempre un amico», mi hanno risposto. Perché a Malgrate sono veramente pochi, anche se le strade fanno eco a nomi di cittadini illustri come Bonaventura Pistofilo, poeta e amico dell’Ariosto, Silvestro Landini, segretario di Sant’Ignazio di Loyola, e Giovanni Antonio da Faye, singolare figura di speziale e autore di una famosa Cronaca in volgare del Quattrocento. Comunque le donne continuavano a preparare le torte d’erbi e a tirare la pasta, e a chiedere a mariti e fratelli di portare la farina o la padella più grande, che se le erano dimenticate… Mi sono guardata intorno e ho visto le case con i muri a secco rimesse a nuovo da inglesi e belgi che qui stanno arrivando a frotte, ho visto l’orgoglio con cui questa gente non lascia andare vecchi cibi e tradizioni (che poi sono le ragioni del Bel Paese), e mi sono detta che se l’Italia ha ancora un valore, anche economico, lo si deve soprattutto a queste società di mutuo soccorso che sono i piccoli comuni italiani. Quelli e quelle che non contano e non si contano. Che evitano a quest’Italia di cadere rovinosamente a valle e che fuori dal comune lo sono in senso lato e non perché qualche illustre politico vorrebbe mandarceli.
Oggi a Milano la protesta dell’Anci. Associazione nazionale comuni italiani