agricoltura di montagna, agricoltura eroica, NUTRIMENTI
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Quegli orti con vista sul Gran Paradiso…

Quando si dice “stare in Paradiso”. A Gimillan, 1800 metri di altitudine, gli orti di Giorgio Elter al (Gran) Paradiso ci stanno di fronte. La sua Azienda Agricola Le Motte ha forse i campi agricoli con la miglior vista d’Europa, di certo le fragole coltivate alla maggiore altezza (e si sente). Sono le fragole che aveva iniziato a coltivare Hussein. “Tutto, in un certo senso, è iniziato con lui”, racconta Giorgio. “Ci siamo conosciuti all’Università di Torino. Io studiavo scienze forestali, lui, agraria. In poco tempo amici fraterni, lo siamo rimasti anche anche quando abbiamo preso strade diverse. Io, libero professionista consulente per studi su rischi geologici, valanghe e impatto ambientale, e lui, prima con la moglie nel Canavese a seguire un’attività agricola dove coltivava fragole, vitigni Erbaluce e diverse verdure, e poi nel sud del Libano, vicino Sidone, la città dei genitori, dove continua a fare la sua attività agricola. È stata la guerra a mescolare le carte. I carri armati che passano sui suoi campi e lui, con la cittadinanza italiana in tasca, che fugge e torna in Italia a bordo di una fregata francese”.

Mi racconta questa storia che sa di avventure lontane in mezzo ai suoi campi di bietole, zucchine, coste e insalate. Io, che faccio parte di quelli che in genere le vedono già sistemate dentro una cassetta dal verduraio, ancorché di fiducia, rimango sempre incantata di fronte a tanto ordine. Un paesaggio rigoroso e vivo nei colori, dove le geometrie delle coltivazioni si mescolano alle fioriture spontanee. E poi da qui, ancor più che dalla zona dove crescono le piante officinali e aromatiche, la vista sul Gran Paradiso è un privilegio. Era quasi naturale che Hussein tornasse qui. Nel 2007. E che qui, insieme a Giorgio e a una nuova compagna, cercasse di ricominciare.

“Ho sempre pensato che qui ci fossero le potenzialità per dare vita a un’azienda agricola” continua Giorgio, “Io avevo la qualifica e le competenze tecniche per la progettazione e i documenti necessari, lui la preparazione per dedicarsi a tempo pieno a questa impresa. Lo ha fatto per cinque anni, mettendo le basi di Le Motte, e di una nuova famiglia, finché un tumore alla tiroide se l’è portato via. Così mi sono trovato di fronte a una scelta: o dedicarmi in prima persona a questa azienda o lasciarla alle banche. Ho deciso che questo in fondo era sempre quello che avevo voluto fare nella vita e ho voluto considerarlo come l’ultimo regalo di Hussein”. Non si poteva, a guardarlo da qui, e ora, lasciare andare questi campi sottratti con tanta fatica all’abbandono. Inizia così, nel 2013, la seconda vita di Le Motte.

Giorgio infatti, oltre a fragole e verdura, inizia a coltivare piante aromatiche come il timo di montagna, la menta, il genepì (con cui fa un liquore), e erbe officinali come la calendula, la consolida maggiore, la stella alpina. A Cogne, vicino la chiesa, apre un piccolo negozio dove vende la sua verdura (oltre a organizzare un piccolo mercato di agricoltori locali di cui ho parlato qui) e marmellate (di fragole, lamponi, mirtilli e altri piccoli frutti), gelatine, succhi concentrati ed essenze, oli e sciroppi, che fa nel piccolo laboratorio sotto la casa che era di Hussein vicino ai campi. Campi che ormai sono quattro ettari, mentre ora ad aiutarlo c’è una giovane donna. D’estate si lavora nei campi e nel laboratorio; d’inverno, si fanno mercati alimentari e fiere (come il Padiglione Agroalimentare della Fiera di Sant’Orso ad Aosta) per vendere i prodotti trasformati: Le Motte è ormai un’azienda agricola con una sua identità.

“A 1800 metri di altezza non puoi coltivare tutto, ma le piante che crescono qui hanno proprietà superiori. In alta montagna siamo abituati a freddo e caldo estremi, anche se negli ultimi anni si sono accentuati e destagionalizzati. È vero che in agricoltura ci si deve sempre adattare, ma contro i cambiamenti climatici si dovrebbe fare di più”. Non a caso la famiglia Elter è una delle dieci famiglie europee, l’unica italiana, che nel 2018 ha sottoscritto il People’s Climate Case, una denuncia all’Unione Europea per sollecitarla a considerare rilevante il cambiamento climatico e l’ambiente diritto fondamentale non solo per oggi ma anche per le generazioni future. “Mio padre ha realizzato la carta geologica della Val d’Aosta e mi ha sempre portato a Cogne fin da piccolo. La mia residenza è sempre stata qui, qui ho creato la mia famiglia: anche se sono di Torino, questa montagna è il mio ambiente. Per questo coltivo solo piante che qui hanno un senso, e quello che mi interessa di più è che esse conservino tutte le proprietà e fare in modo che i loro principi attivi possano essere utilizzati per curare mente e corpo. Sono convinto che si possa fare attività agricola nel rispetto della terra e dell’ambiente, e che anche in una regione come la Val d’Aosta, si possa fare qualcosa di diverso da fontina e burro”.

Nel futuro di Giorgio, e di Le Motte, ci sono così un nuovo opificio per liquori vicino ad Aosta (“Il mio laboratorio è troppo piccolo, lì è già attrezzato e me l’ha affittato un amico a un prezzo ragionevole”) dove produrre, oltre al liquore di Genepì e ai vari sciroppi (come quello di pigne di pino mugo per la tosse), i distillati e grappe di genziana, tanaceto (con cui si fa il liquore di arquebuse), di cumino dei prati, per il Kümmel, e di timo serpillo, per il Serpul, un liquore che sa di montagna. E, in fondo in fondo, di amicizia.

 

P.S. Non si è scritto di un bambino dagli occhi di giubilo e parola piena di energia che mi ha accompagnato per i campi indicandomi tutte le piante chiamandole per nome. Che mi ha fatto sentire il timo di montagna sfregandolo sul naso e che insieme alla menta è il suo profumo preferito. Non si è scritto, ma mi ha confessato che non mangia molte verdure, ma le fragole, le fragole dolci e rosse che può persino raccogliere da solo, quelle sì.

 

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