[Pubblicato su Gioia! n. 36 settembre 2015] Alcuni mesi fa la rivista della Royal Society dedicata alla ricerca biologia di alta qualità ha pubblicato i risultati di uno studio sorprendente. Dopo cinque anni passati tra 239 famiglie Tsimane in otto villaggi della Bolivia, Paul Hooper, antropologo della Emory University, ha potuto dichiarare che le nonne hanno un ruolo di primo piano nella nutrizione delle loro famiglie allargate, e quindi, dei loro nipoti. «Il surplus alimentare prodotto in età avanzata e poi redistribuito ai più giovani è fondamentale per la società umana», avrebbe dichiarato lo studioso. Grazie. Grazie perché dopo infanzie passate a impastare gnocchi e segnarli con la forchetta, a merende con pane, olio e sale, salse che sobbollivano lente nella pentola di coccio in cui intingere il pane (di nascosto), non ce ne eravamo accorti.
Massimiliano Stramaglia, docente di pedagogia generale e sociale all’Università di Macerata, e autore, tra gli altri, di Una madre in più. La nonna materna, l’educazione e la cura dei nipoti (Franco Angeli ed.) la chiama la nonnità educante. Che passa anche attraverso il cibo e che è del tutto indipendente dal fatto, irrilevante, che i nonni siano i genitori dei nostri genitori. «Tutte le nonne che mi hanno accolto alla loro tavola, mi hanno fatto sentire come se fossi uno dei loro nipoti» dice Gabriele Galimberti, autore delle foto del servizio. «Erano entusiaste che il mio lavoro fosse un omaggio a mia nonna Marisa che, prima di partire da Castiglion Fiorentino, preoccupata che non avrei mangiato bene o abbastanza, mi ha preparato i suoi ravioli fatti a mano. Per tranquillizzarla, le dissi semplicemente che in tutto il mondo c’erano nonne che cucinavano come lei». Ed era vero. Perché che ci si trovi in una cucina del Marocco fatta solo di braci raccolte nella corte, o in Cina, con una sorta di fornello da campeggio sistemato al centro di un tavolo; che si preparino serpenti e scarafaggi, polenta bianca con capra e verdure, gamberoni all’aglio con il riso, o spanakotiropita, la torta con spinaci e formaggio greca, quel rapporto filiale universale è sempre presente.
Un legame intergenerazionale che, per molti, ha anche un valore di coesione sociale. A Foggia, al ristorante Fourquette (scritto in francese, ma pronunciato rigorosamente in dialetto pugliese), Giuliano Cangiano e Luana Stramaglia, neanche 60 anni in due, hanno dato vita a Forkinprogress. Quattro nonni che cucinano insieme a dodici ragazzi dell’Istituto Alberghiero, regalando consigli e segreti. «C’è nonno Lino, 80 anni ed ex salumiere, che si è dedicato alla preparazione degli antipasti a base di salumi e formaggi e ha svelato alcuni segreti sull’affilatura dei coltelli; c’è Nonno Michele, 77 anni, che ha insegnato la sua ricetta personalizzata di pancotto; nonna Anna, ex sarta, di Ercolano, che ha condiviso la sua ricetta della pastiera napoletana; e nonna Celeste, la più giovane con i suoi 67 anni, che ha insegnato a fare a mano, orecchiette e cicatelli con la farina di grano arso», racconta Luana. L’iniziativa, nata come sperimentazione di una cucina narrativa che aiuta a giovani e anziani a raccontarsi per ritrovare un passato, e futuro, comune, ha avuto un tale successo che a settembre replicherà con laboratori pomeridiani di salse e marmellate. Perché, come dice Luana, «si può trasmettere cultura e tradizione anche attraverso il cibo», e perché, in fondo, sono le nonne per prime a preservare il mito della convivialità italiana.
Anche dall’altra parte dell’Oceano. «Il progetto Nonnas of the World è partito lo scorso 29 luglio. Dopo aver ospitato per anni nonne italiane che cucinavano piatti tipici per i newyorkesi, abbiamo deciso di allargare il nostro mondo. Così, ecco nonna Nargis da Lahore, in Pakistan, che ha cucinato un piatto tipico del suo villaggio, poi nonna Nadyia dal Kazakistan, nonna Zena dal Libano e così via… una sera la settimana a partire da agosto». Chi parla è Jody Scaravella dell’Enoteca Maria di Staten Island, l’avamposto stelle e strisce della “cucina delle nonne” che, dalle prossime settimane, sarà raccolta in un libro virtuale interattivo in cui nipote e nonni di tutto il mondo potranno inserire, nella loro lingua, ricette di famiglia con tanto di video o foto. Un format fortunato, sembrerebbe, se anche nel Bel Paese, Peroni ha appena raccolto un centinaio di adesioni per Nonne do it Better con Chef Rubio: a ottobre saranno annunciate le sei vincitrici che, in coppia con l’ex rugbista ora dedito ai fornelli, diventeranno protagoniste di una serie web visibile su i canali social. Centocinquanta invece sono i racconti che hanno partecipato a “A tavola con i nonni. Storie di cibo, di ricette e di convivialità intergenerazionale”, premio letterario di Civitas Vitae organizzato dalla Fondazione Oic per promuovere la longevità come risorsa intergenerazionale. Giuria presieduta dalla scrittrice Antonia Arslan e premiazione il 27 settembre a Padova. Sarà il caso di non sottovalutare il fenomeno: secondo gli ultimi dati Istat, in Italia questi arzilli vecchietti sono più di dodici milioni (20 per cento della popolazione) e, visto il trend demografico, destinati ad aumentare. Speriamo solo che abbiano sempre voglia, e tempo, per invitarci a pranzo.