Nel 2018 il Time l’ha inserita tra le 100 persone più influenti del mondo, ed è stata lei che, cento anni dopo quanto detto da Albert Einstein, è riuscita a captare da terra il segnale delle onde gravitazionali. Ma Marica Branchesi è una scienziata che fa anche opera di divulgazione. Questa intervista è di qualche tempo fa, ma si interroga sulla presenza e il ruolo della donna nelle scienze, tema sempre attuale e mai risolto. La ripubblico oggi, 11 febbraio che le Nazioni Unite hanno dichiarato Giornata delle donne e delle ragazze nella scienza.
Le recenti rivelazioni confermano un vantaggio dei maschi (massimo nei licei con 18 punti in più) in materie come la matematica. Le ragazze, man mano che crescono, sembrano infatti perdere fiducia nelle loro qualità logico-matematiche e nella possibilità di dedicarsi a materie scientifiche. Crede che una “divulgazione femminista”, mi passi il termine, sarebbe utile a dare fiducia alle ragazze e a incoraggiarle verso la matematica e le materie scientifiche?
Una narrazione della scienza al femminile è necessaria ed è importantissima per dare alle ragazze il coraggio di osare in ambiti che sono a lungo apparsi, e ancora oggi appaiono, come un appannaggio maschile. I gruppi di ricerca in cui c’è un giusto equilibrio tra donne e uomini danno risultati migliori, segno della complementarità nella diversità. A volte per me è faticosissimo conciliare gli impegni scientifici e personali con la divulgazione, ma non mi tiro indietro, proprio perché credo fortemente che ci sia bisogno di raccontare quale sia il ruolo reale delle donne nella scienza, il grande contributo che hanno dato, che stanno dando e quello incredibile che potranno dare, credendo di più nelle proprie capacità scientifiche.
Nelle sue biografie viene spesso citata la collaborazione di suo marito, anche lui fisico, nella gestione dei bambini, come fondamentale per la riuscita della sua carriera… Non le sembra questo uno storytelling “maschilista”? Di quali scienziati maschi viene ricordato, nel celebrarne i risultati, l’apporto dell’altra metà?
Il mio compagno non solo è fisico (io sono astronoma), ma lavora insieme a me in un posto bellissimo e internazionale, il GSSI – Gran Sasso Science Institute dell’Aquila. Avere una vita professionale in qualche modo simile ci dà la possibilità di comprendere al meglio le esigenze reciproche. Certo, l’insistenza dei giornalisti sulla sua collaborazione negli impegni familiari può essere interpretata come il retaggio di una mentalità in cui ci si stupisce che un uomo possa vivere pienamente il suo ruolo paterno e domestico, oltre a quello professionale. D’altro canto si può leggere invece come sottolineatura del cambiamento dei tempi, di quanto una reale parità nella coppia aiuti tutti a esprimersi al meglio delle proprie potenzialità. Preferisco questa seconda lettura. Direi, piuttosto, che anche lo Stato dovrebbe venire più incontro alle famiglie, con asili nei posti di lavoro e altre forme di sostegno. Inoltre, come aggiungo spesso, i grandi eroi della nostra epoca sono anche i nonni, che aiutano moltissimo figli e nipoti.
Indubbiamente lei, come donna e persona, è riuscita a seguire ad alimentare il suo talento e seguire le sue inclinazioni. In molti racconti, mi capita di sentire donne intelligenti che invece hanno fatto un passo indietro… se dovesse dire qualcosa a una giovane ragazza per fare in modo che segua, quasi con sano egoismo, le sue aspirazioni, cosa direbbe?
Le direi di non frapporre la paura e i condizionamenti esterni fra sé e i suoi sogni. Le direi di leggere le storie di grandi donne del passato, che sono state coraggiosissime. Penso a Ipazia, a Marie Curie, a Margherita Hack e potrei citarne moltissime. Le direi di lavorare duro, a testa bassa, senza mortificare nessun aspetto di se stessa, né i desideri professionali, né quelli affettivi. Bisogna coltivare sia l’intelligenza razionale sia quella emotiva per sentirsi davvero realizzati. È importante interrogarsi a lungo, capire le proprie reali inclinazioni, senza rinunciare a un pizzico di follia e di incoscienza. Io sento che il mio essere madre, per esempio, mi ha aiutato anche nel mio essere scienziata. Ci vogliono determinazione, forza di volontà e non si deve mai smettere di sognare. (Foto di apertura)