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Kids Safari in Sudafrica

Quello che può succedere è questo: che mentre sei nella tua camera con una vista sterminata sul bush, un elefante infila la proboscide sul tuo terrazzo e tu sei lì che lo guardi. Con il solo vetro a separarvi dall’abbraccio. Se un elefante lo si è visto solo in versione disneyana, o a limite in un documentario di Geo Wild, si tratta di un’emozione piuttosto forte. Ma d’altra parte, chi sceglie di andare in Sudafrica è esattamente questo che va cercando. Ed è esattamente questo che desidera regalare ai propri figli. C’è chi reputa il safari sudafricano troppo poco selvaggio, talvolta iper gestito e confezionato alla perfezione. Ciò nonostante, i parchi e le riserve della nazione arcobaleno, che peraltro continua a essere premiata come una delle mete con il miglior rapporto qualità prezzo, attirano sia esordienti che navigati Indiana Jones, coppie e famiglie. Tutti convinti da una densità di animali che ha pochi eguali, da una ricerca in tutta sicurezza ai Big Five (elefante, bufalo, rinoceronte, leopardo e leone) fatta in riserve private e parchi per lo più malaria free (vedi box), e da guide pronte a diventare i migliori amici dei vostri figli in soli otto giorni, che è poi il tempo che serve per godersi tutte le emozioni di un safari.

Non che sia una passeggiata. Al Madikwe Hills Private Lodge, 75 mila ettari dentro la Madikwee Game Reserve, tra colline, rocce, praterie, savana e vecchi e profumati alberi di tamboti, la sveglia per essere pronti alla prima uscita del mattino delle 5,30 suona molto presto. Ma ne vale la pena, perché i leoni, sazi della caccia notturna, o le iene, si avvistano soprattutto in queste ore. Il bello è che nell’attesa ci si può scaldare con una cioccolata calda nel cuore della savana, o farsi insegnare dal tracker (quello che sta seduto sul cofano della jeep) come identificare le tracce lasciate dai diversi animali. Perché safari non è contemplazione. Alla fine di questa avventura è quasi sicuro che i bambini avranno imparato a rintracciare un rinoceronte grazie allo sterco lasciato per strada o a riconoscere, dall’intensità delle impronte, se si trattava di un animale maschio o femmina. E sarà anche un gioco distinguere il rumore dei cercopitechi che corrono sui tetti di paglia o le orme dei singoli animali selvatici. In alcuni lodge, come il Jacy’s sempre nella Madikwee, ci si allena per esempio al safari fotografico: anche esplorare i tanti modi di vedere attraverso l’obiettivo, con tanto di stampa e creazione di tableau con vernici, piume, foglie e sabbia è una strategia per conoscere l’ecosistema sudafricano, quando non si partecipa ai programmi ecologici per la sensibilizzazione verso il bracconaggio o per la conservazione degli animali come il rinoceronte.

La notte poi, è il cielo a stregare. Nella Sanbona Wildlife Reserve, immersa in un karoo che non conosce inquinamento luminoso, lo stargazing (l’osservazione delle stelle) è un sogno a occhi aperti e i bambini, dicono qui, hanno diritto di sognare. In estate Orione, la costellazione del Toro e le Pleiadi si toccano con un dito. In inverno, ecco la rossa Antares e la Croce del Sud. Non solo animali selvatici quindi. Sempre a Sanbona, i ranger invitano a prendere in mano le piante o i teschi sbiancati delle prede (quasi a soddisfare il desiderio di toccare non soddisfatto con gli animali), o, visitati i siti dove il popolo San ha lasciato i segni sulla roccia, a lasciare a loro volta le proprie tracce. Nella Gondwana Game Reserve, oltre a puntare con il binocolo sulle 300 specie di uccelli, si impara a catalogare, da veri botanici in erba, la ricchezza della flora del fynbos, come la Protea, uno dei simboli del Sudafrica. Gli animali, ci si accorge subito, ci accompagnano sempre. Anche quando il giorno comincia a scaldarsi e si torna al lodge e, rilassati sul deck, si continuano a vedere bufali, facoceri, zebre, antilopi… Solo una pausa fino al safari del tardo pomeriggio, quando si va alla ricerca di rinoceronti bianchi e neri e leopardi.

Le riserve private, rispetto ai parchi nazionali in cui ci si può muovere anche con una macchina privata, hanno un maggior raggio d’azione (e lo si vede nel costo): ciò significa che, sempre guidati dal ranger, si può uscire dal tracciato ed esplorare zone “lontane” dai flussi turistici. Tuttavia, persino un safari nell’Addo Elephant Park, il parco con la maggiore concentrazione di elefanti del continente africano e che oggi sta cercando di ingrandirsi inglobando un’area marina protetta di 120 mila ettari, regala emozioni inaspettate e solitarie, come quel leone a pancia all’aria che sembra godersi il sole alla stregua di un gattone gigante, mentre il suo compagno finisce di divorare una povera kudu… Ma anche questo, è una lezione offerta da Madre Natura, della quale, bisogna sempre ricordare, noi siamo sempre e solo ospiti. Alla fine della vacanza, in molti lodge i ranger “interrogano” i bambini per verificare quello che hanno imparato e se, nel loro libretto, sono stati contrassegnati tutti gli avvistamenti possibili. Arriva così il certificato di Junior Ranger: un orgoglioso ricordo da portare a casa insieme alla visione di quel leopardo accovacciato sul ramo che, con le gambe a penzoloni e la testa ciondolante, sembrava giocare con noi e che rimarrà nella mente per molto e molto tempo.

L’articolo è stato pubblicato nel numero di novembre/dicembre di Style Piccoli

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Manuela Mimosa Ravasio è una giornalista professionista con una formazione da architetto. Ha lavorato per anni come caporedattore scrivendo di società e attualità in riviste del gruppo RCS e tutt'ora firma per i maggiori quotidiani e settimanali nazionali. Oggi svolge la sua attività da libera professionista offrendo anche consulenze in comunicazione, progettazione di contenuti e strategie narrative, e formazione per la promozione di territori.

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