La geografia prima di tutto: la Valle Varaita, valle occitana del Piemonte, è lunga circa 70 km, da Costigliole fino al Colle dell’Agnello, al confine con la Francia, il che l’ha condannata a essere, nella storia, una valle di passaggio. Si susseguono macchie di pascoli verdi, foreste di latifoglie, fino ad arrivare ai paesaggi alpini su cui svetta incontrastata la piramide del Monviso. Tra i comuni della valle ci sono Pontechianale e Sampeyre, dove esistono anche degli impianti di risalita, Valmana, Isasca, e poi c’è Melle, a 648 metri di altitudine, a media valle, dove gli Antagonisti sono venuti a vivere e a impiantare la loro Officina.
La speranza di un ritorno (semi cit.)
A spiegarmi chi sono esattamente gli Antagonisti c’è Giuliana Radosta. Nata a Saluzzo, una laurea in comunicazione alla IULM di Milano, cameriera in vari bar compresa l’Officina degli Antagonisti, di cui ha cominciato a far parte dal 30 dicembre del 2019, giorno che ricorda bene perché è stato anche quello in cui si è trasferita a Melle. «I fondatori degli Antagonisti sono Enrico Ponza, laureato in Tecnologia Alimentare e buon birraio, visto che ha vinto anche qualche premio con la miglior birra dell’anno, e Fabio Ferrua, che prima di trasferirsi qui lavorava nella ferramenta di Venasca. Sono partiti in due nel 2012 aprendo in piazza Botta, quella bella perché si vede l’incrocio della valle e si gode un tramonto da favola, un chiosco estivo per birrai itineranti, i Gipsy Brewers appunto, e ora siamo in quattordici con: l’Officina, un pub ristorante ricavato da un vecchio edificio ristrutturato con le loro braccia; un bar del paese riaperto nel 2014 nella piazza principale ora in mano a Juri Chiotti; il bar gelateria FIOCA; e l’Ostello ricavato nell’ex scuola elementare del paese oggi diventato, quasi per caso, la sede per residenze artistiche e laboratori teatrali». Ce n’è abbastanza per farsi un giro da queste parti, dove comunque, come continua Giuliana: «Quest’anno abbiamo fatto un più 12 (leggi abitanti) grazie alla nascita di qualche bambino e ad altri che si sono trasferiti».
Mangia, bevi e cammina
Cosa c’è dunque da fare in Valle Varaita. Paesini con poche centinaia di abitanti (a Melle sulla carta se ne contano 280 ma in vero sono di meno dicono) che si riempiono nei fine settimana. «Nel versante chiamato l’ubac, ovvero “l’opaco” in dialetto occitano, il sole non arriva fino a febbraio. Sul destro invece, chiamato l‘adrecc, la luce è più presente. Ma camminando, anche se sei in media valle, arrivi in punti alti e soleggiati. Il nostro colle di Melle (1871 m), è un bel punto panoramico sulla val Maira, e salendo ancora al Birrone, o “Birun” come lo chiamano qui, poco sopra ai 2000 metri, si possono vedere le due valli e la pianura». Epperò in Valle Varaita, mi dicono, si viene soprattutto per mangiare e bere (la birra naturalmente). «Il nostro è principalmente un turismo enogastronomico. A giugno l’appuntamento fisso è la Super Melle, la passeggiata gastronomica in sette tappe per gustare i prodotti tipici della valle. Quest’anno per noi sarà anche l’occasione per festeggiare i dieci anni dalla nascita degli Antagonisti e ci troveremo per preparare tutti insieme le raviole, i tipici gnocchi di patate allungate conditi con panna, burro nocciolato e toma grattata. E ad agosto, c’è la tradizionale Sagra del Toumin dal Mel (il tomino di Melle), diventato un presidio Slow Food». Per onor di cronaca, va scritto che la vocazione gastronomica della Valle Varaita è confermata dalla presenza, in Borgata Chiot Martin a Valmala, di Reis Cibo Libero di Montagna di Juri Chiotti che tra orto e cucina, progetta nuovi cibi e nuovi turismi, e da una nuova apertura: il ristorante Orselli, a Melle.
Quello strano equilibrio tra solitudine e folla
«Adesso arriva molta più gente in Valle Varaita» dice Giuliana. «La scorsa settimana è venuto Geo&Geo. Ci sono i giovani, ma anche coppie sui 70 anni che dopo la prima volta tornano anche a trovarci», continua Giuliana. «Da zero macchine nel week end si arriva ad avere le auto in tripla fila e questo è un problema. Bloccare la parte centrale della via e renderla pedonale? Provare a “educare” gli ospiti suggerendo loro la possibilità di parcheggiare nell’area camping e fare mini passeggiata? Il 21 aprile faremo una serata per parlare di turismo sostenibile in montagna, pensare a un migliore utilizzo dei mezzi pubblici, vedremo cosa ne verrà fuori…». Certo, una soluzione va trovata, soprattutto se lo scopo dichiarato è quello di promuovere il turismo lento, una montagna osservata, e vissuta, dal punto di vista di chi la vive. Ma non è facile (lo è solo negli slogan edulcorati in effetti), ed è giusto ammetterlo. Così magari, chi si reca da queste parti, si prende la sua parte di responsabilità di quel turismo lento, di quella montagna “altra”, che prima di goderla, si deve innanzi tutto esercitare. Proprio come i diritti. Pensateci, quando vi fermate a Brossasco, la porta della valle, per informarvi sui diversi trekking da fare, prima di passeggiare senza una meta per il paese, o fare una scampagnata.
E gli abitanti di Melle?
«I nostri anziani sono brillanti», dice Giuliana. Con loro organizzano i laboratori di raviole, sono loro a prestare gli strumenti che mancano per alcune attività, e guardano con interesse le prove degli spettacoli dei laboratori teatrali, e dei lavori dell’orto. «Siamo sempre stati supportati sia dall’amministrazione che dalla Pro Loco. Ora è venuto il momento di restituire quanto ricevuto». Ma forse qualcosa si è già messi in moto. In valle c’è una CSA, una Comunità di Supporto dell’Agricoltura, che è poi l’azienda Cresco di Rossana, ci sono i giovani della Cascina Roggero, Agnese Rostagno che ha pensato di cominciare a produrre linfa di betulla dai boschi (Biula), l’Allevamento biologico di Flavio Rebuffatti di Sampeyre, la Fattoria dei Paiei da cui gli Antagonisti prendono la maggior parte della carne per l’Officina, Vlad che ha fondato Crusca e produce i panini (sempre, e anche, per l’Officina), l’azienda agricola Martino che produce un magnifico latte. Perché, al solito, quando si avvia un’attività sul territorio, è come se lo si concimasse per intero. «In montagna si fanno cose solo in rete. Questo è un punto imprescindibile. L’altro è che la città esiste, e che certe narrazioni di ritorni sono a volte troppo semplificate. È più giusto riuscire a saltare oltre l’ostacolo e fare impresa, come un birrificio, anche in territori diversi dalla pianura».