È una mattina limpida quella che mi accoglie nella casa della pittrice Barbara Tutino. I camosci sono scesi a valle, li vedo aggirarsi giusto a bordo del bosco, faccio un video da postare su Instagram, poi mi volto e vedo il sentiero che porta al rifugio Sella sgombro. È una notizia. Siamo in quel periodo dell’anno in cui tutto si quieta, restano luce e silenzio e, dietro la palizzata di legno, una splendida vista sul massiccio del Gran Paradiso. Basterebbe questo, mi dico. Ma sono qui per altro. L’Associazione Musei di Cogne sta promuovendo un evento partecipato chiamato Artéatre – Portraits, che consiste nella realizzazione di un ritratto a tutti gli abitanti della valle di Cogne residenti in quest’anno, con lo scopo di farne un’installazione entro l’estate del 2023 (data da definite). L’idea l’ha avuta lei, Barbara Tutino, che si definisce, con non celata soddisfazione, “la pittrice del paese”. «Posso dire di avere realizzato la mia ambizione personale: essere, non l’artista lontana chiusa nella sua torre d’avorio, ma la “pittrice del paese”, a cui gli abitanti chiedono un ritratto, un po’ come si va dal calzolaio o dal falegname. Ed è successo spesso che, in occasione di anniversari o commemorazioni, i cogneins mi chiedessero di fare ritratti per loro o i loro cari. Così, per un’Associazione che da sempre si occupa di salvaguardare il patrimonio storico, culturale e linguistico attraverso la valorizzazione della memoria storica di Cogne, ho pensato che potesse essere un modo per costruire una memoria futura».
Se il mestiere dell’arte è fare comunità
La verità però è che la creazione di eventi corali legati all’arte è una costante dell’opera di Tutino. Il format di Artéatre è, di fatto, un insieme di azione teatrale partecipata e allestimento artistico. «La distanza elitaria tra opere e pubblico è artificiosa. L’arte è alla portata di tutti, l’idea alla base delle opere corali è proprio questa: chiamare la comunità a partecipare, e quindi creare». La prima opera corale è del 2005 quando gli abitanti di Cogne e frazioni (Lillaz, Valnontey, Gimillan, Epinel, Cretaz) furono chiamati a prestare e condividere utensili antichi legati alla vita di montagna prima dell’avvento della plastica, e in qualche caso abbandonati in soffitta. «Risposero alla “chiamata” più di 500 persone e, alla fine, all’interno di una Maison Gérard Dayné appena restaurata, si materializzò una sorta di Arca di Noè degli oggetti in via di estinzione. Sono stati gli stessi abitanti ad appendere a delle funi gli oggetti. Un’installazione collettiva, o meglio un “allestimento museale sensibile”, che è rimasto visibile per tutta l’estate: chi arrivava vedeva un trionfo di oggetti confusi senza alcuna didascalia. Le “spiegazioni”, per chi le voleva, erano in due video a parte», dice Tutino. Poi ci fu, nel 2013, il progetto legato alla Miniera di Cogne: una raccolta di più di mille documenti tra fotografie, fogli di lavoro, buste paga, congedi, prestati dagli ex dipendenti dello stabilimento siderurgico, quindi scannerizzati e riprodotti su bandiere tibetane di diversi colori (blu, bianco, rosso, verde, giallo) poi fissate a una lunga fune a serpentina formando una storia per immagini della miniera, e un film, Questa Miniera di Valeria Allievi, voluto proprio per difendere la memoria della miniera e quindi della comunità cognentze.
Cogneins, attratti da una calamita
Le radici di Artéatre– Portraits sono dunque queste. E in fondo il senso del progetto è ancora la salvaguardia di memoria. «Il senso di appartenenza alla comunità a Cogne è molto forte. Ogni qualvolta la popolazione è chiamata a partecipare a un evento corale, c’è enorme disponibilità. Mi sono spinta a pensare che la ragione sia quasi territoriale: in quella lente di magnetite spessa 100 metri e lunga due km e mezzo sotto il Creya che funge da calamita tra gli abitanti!», dice Tutino. Un’interpretazione poetica, ma spesso le forze che ci legano ai luoghi non sono sempre razionalmente spiegabili. In ogni caso, finora alla chiamata di Artéatre – Portraits hanno risposto circa in 400. Un aiuto al passaparola lo dà Vally Ouvrier, uno dei saloni da parrucchiera del centro del paese. «La cosa magica è che io avevo previsto di farne tre al giorno e sono tre al giorno i soggetti che arrivano. Per alcuni ho bisogno di più fotografie, perché il ritratto ha sempre in sé una lettura emotiva, non può essere una traduzione iper realistica di occhi, fronte, bocca… Assomiglia di più a uno scambio, tra chi riporta quei segni del viso su un cartoncino e chi quei segni li ha. In un certo senso, ritrarre è un processo di scoperta, e alla fine quello che si svela è l’infinita umanità di ciascuno. Ogni viso, in fondo, racchiude una storia».
Un volto, tante storie
Sarà questo quello che vedremo il prossimo anno nell’installazione che metterà in scena i volti dei residenti della valle di Cogne? Tutino, che va detto con l’evento coronerà i 50 anni di un’attività artistica iniziata a 16 anni, insiste nel dire che l’installazione non sarà nulla di più che una produzione artistica e che quello che vedremo, saranno “solo” i ritratti dei volti dei residenti di Cogne all’anno 2022. Certo, in piena era digitale, questo sarebbe un paese, forse l’unico, che invece di cercare un’affermazione su Instagram, la trova in ritratti eseguiti a mano su cartoncino. E c’è da credere che, come accade in tutte queste occasioni, per i cogneins sarà una grande festa di comunità, a cui qualche fortunato passante o residente temporaneo, potrà forse partecipare. Nella speranza che, anche chi passa, possa vedere oltre quelle magnifiche vette. Persone, vite, fatiche, e soprattutto custodi responsabili di un patrimonio naturalistico che è di tutti.
I e le cogneins potranno inviare le fotografie per il progetto Artéatre – Portraits sino al 31 maggio 2022. Tutte le indicazioni si trovano a questo link.