appunti di viaggio
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La grande bruttezza

Aveva ragione, al solito, Jep Gambardella de La grande bellezza, gli sprazzi di bellezza sono sparuti e incostanti. Poi, per il resto, prevale “lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo”. Non ne siamo, semplicemente, capaci di sostenere, governare, convivere, con quello che ci è dato. L’ovvio deve essere puntualizzato, come il dover scrivere che, tra palme e ulivi vista mare non si devono gettare rifiuti. Non così in vista almeno. L’architettura abusiva è un fenomeno che a mio parere andrebbe tipologicizzato. Nel senso che ha le sue regole e il suo stile edilizio ben codificato. Non so se vi sia mai capitato di percorrere in macchina la costa salentina da Taranto a Santa Caterina, e poi fino a Santa Maria di Leuca, oppure quella siciliana, da Agrigento verso Licata e poi Marina di Ragusa. Cubi di cemento con secondi piani che si raggiungono con scale esterne a chiocciola, fantasiosi infissi di alluminio anodizzato (ben faceva Woody Allen a metterli all’ultimo piano dell’inferno) spessi coperti da tende, armature di cemento armato a vista, vago sentore di abbandono.

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Voglio dire, talvolta ci sono anche degli esempi di recupero su cui riflettere. Balaustre avanzate da qualche villa in costruzione, scampoli di prefabbricati in legno, finestre fuori serie.. eccetera eccetera. Guardate che non si tratta di abusivismo di necessità. Il più delle volte sono solo seconde case di persone e famiglie normali che abitano a mezz’ora, al massimo quaranta minuti dalla costa, ma volevano stare a 5. Di minuti. Dietro le dune, dentro le pinete, persino ai margini delle scogliere. Ora, mi dicono, ciò che era già brutto e fatiscente sta scivolando verso l’incuria e l’abbandono perché anche mantenere il cubo, magari non collegato alla rete fognaria, ha il suo prezzo. La grande bruttezza avanza.

 

E la grande bellezza resta lì a guardare. A farsi fotografare, perché, in fondo, questi due facce convivono come il più incomprensibile degli ossimori. Ci sono due Italie: una è il nostro vanto, l’altra l’espressione del nostro imbarazzo. Imbarazzo di chi si crede padrone del mondo e invece, è solito ospite passeggero. Io che di bellezza parlo e mi incanto, non potevo esimermi da questo. Ormai non è più neanche questione di politica, educazione, cultura. Se mai, di consapevolezza. Siamo quello che costruiamo. Il resto, è solo roba per farci un film.

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Manuela Mimosa Ravasio è una giornalista professionista con una formazione da architetto. Ha lavorato per anni come caporedattore scrivendo di società e attualità in riviste del gruppo RCS e tutt'ora firma per i maggiori quotidiani e settimanali nazionali. Oggi svolge la sua attività da libera professionista offrendo anche consulenze in comunicazione, progettazione di contenuti e strategie narrative, e formazione per la promozione di territori.

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