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Donne che viaggiano sole

Lewis e Clark ci impiegarono poco più di due anni. Dal maggio del 1804 al settembre del 1806, per arrivare via terra alla costa pacifica, partendo da Saint Louis fino ad Astoria, costeggiando il fiume Missouri. Una compagnia di una trentina di persone che andava alla scoperta dell’Ovest, tra le tribù Sioux dei Yankton, Lakota, Mandan… Emanuela Crosetti, 38 anni, fotografa e appassionata di storia americana, questo viaggio invece l’ha voluto rifare da sola, in un mese, portando con sé i diari della prima spedizione (il libro che lo racconta uscirà a maggio edito da Exorma): «Se fossi vissuta nell’Ottocento, sarei andata con loro. Oggi, nei tre mesi all’anno che dedico al viaggiare, preferisco partire da sola, contare solo su me stessa, ed essere svincolata da qualsiasi legame ed obbligo temporale. L’avventura in solitaria è l’unico modo per conoscere e capire i luoghi in cui ti muovi. Anni fa, quando ho cominciato percorrendo le strade della ex Jugoslavia, tra Bosnia, Serbia e Kosovo, ho capito che quello che fa paura nel viaggiare da soli è la distanza. Così ho spostato il punto di partenza, la casa che lasciavo, a me stessa. La mia casa ora sono io, la distanza si è azzerata e non c’è ragione per aver timore dell’essere sola».

Nel sempre più variegato panorama dell’industria turistica, il numero dei solo traveller è in costante aumento. E la maggior parte di loro, il 58 per cento per la precisione, sono donne. Lo dice l’ultimo Visa Global Travel Intentions Study che evidenzia, in una crescita dei viaggiatori solitari del 10 per cento, come siano le donne a preferire cultura, natura e viaggi esotici. E lo dicono anche i dati della più grande community di viaggiatori del pianeta, TripAdvisor, che in Italia rappresenta il 36 per cento del mercato travel, e che mette le viaggiatrici del Bel Paese per la verità in una percentuale decisamente inferiore rispetto al resto del mondo (il 23 per cento contro il 55), ma sempre in costante in aumento. In ogni caso, che scelgano di viaggiare da sole o meno, i dati economici non lasciano dubbi sul fatto che siano le donne a guidare l’economia dei viaggi. Un’economia che nei prossimi dieci anni contribuirà con più di 11 miliardi di dollari di PIL all’economia mondiale e con un posto di lavoro del pianeta su dieci (dati World Travel & Tourism Council’s). I solo traveller, insieme ai loro gusti e necessità, non sono cosa quindi da prendere con eccessiva disinvoltura. «Dal nostro Osservatorio sappiamo che i passeggeri single che hanno viaggiato con noi nell’ultimo anno sono oltre 10 mila. È un settore in espansione e che comprende sia chi va alla ricerca di formule all inclusive, sia chi intende conoscere gente del luogo o altri viaggiatori, magari con soluzioni a basso budget. Rispondere con iniziative ad hoc, come la camera singola senza supplemento che abbiamo previsto per alcuni brand, è uno dei modi per andare incontro a questa tendenza», commenta Alessandro Seghi, direttore marketing del Gruppo Alpitour.

Il cinema certo, ha fatto la sua parte nella costruzione di un modello a cui aspirare. Dall’elogio dell’indipendenza femminile di Viaggio Sola di Maria Sole Tognazzi, passando per l’australiano Tracks che racconta i 2700 chilometri percorsi da Robyn Davidson in compagnia di quattro dromedari e il suo cane da Alice Springs all’Oceano Indiano, fino all’ultimo Wild, storia di Cheryl Strayed che ha attraversato quasi la metà del Pacific Crest Trail in 94 giorni, è tutto un incitamento al femminile a riprendersi le strade del mondo. All’avventura di Davidson per esempio, si ispirano i tour solitari organizzati da alcuni operatori del Northern Territory come Venture North, che porta nell’aborigena Terra di Arnhem e nei parchi naturali di Kakadu, Litchfield e Nitmiluk; e Seit. A viaggiare da sole però, bisogna imparare. Francesca Di Pietro, psicologa che si occupa dell’apprendimento dell’adulto e travel coach, fa questo di mestiere, insegna cioè a trasformare il moto a luogo in una crescita personale: «Tre mesi nelle Ande hanno cambiato la mia vita. Perché viaggiare da sole è come un corso di autostima, di empowerment, che insegna a prendere in mano la propria vita e le proprie scelte». Non sarà un caso allora che siano soprattutto le donne a frequentare i seminari di Di Pietro: «Spesso hanno bisogno di ritrovare, attraverso il viaggio, la fiducia in se stesse e la forza di rendersi indipendenti dai legami familiari». A marzo sarà in Umbria, con una tre giorni nell’eremo laico di Eremito, per imparare a gestire i silenzi, le pause e per liberarsi dai pregiudizi legati al viaggio in solitaria: che sia da sfigati, oppure selvaggio, alieno a ogni confort. A luglio sarà invece la volta di Bali, dove ci si metterà alla prova sperimentando l’insolito, dal trekking e surf nell’oceano al rito dell’acqua balinese.

Considerando mete più vicine ed esperienze meno estreme, i Paesi più attrezzati per questo tipo di viaggiatori sono, neanche a dirlo, quelli del nord Europa, le cui capitali per altro sono sempre tra i primi posti (insieme alle città del Giappone e Singapore) nella graduatoria dei luoghi più sicuri. Amsterdam per esempio, dopo l’apertura, nel 2012, del primo hostel per sole donne (gli uomini possono trattenersi solo nella lounge per un caffè), e l’invenzione di Eenmaal, il primo one-person-restaurant al mondo capace di servire cene gourmet senza far sentire abbandonato il commensale solitario e silente, ha appena inaugurato nel quartiere di Oud West il CityHub hotel, un nuovo concetto di albergo pensato per i Millennials: quelli più propensi a partire da soli, quelli meno preoccupati delle differenze di genere, quelli ormai abituati a fare, in completa autonomia, dal check-in al servizio bar; e che, dalle loro cinquanta capsule-camere da letto, hanno a disposizione un’applicazione per conoscere gli altri ospiti della struttura e della città per scambiarsi informazioni. A Copenaghen invece, i boutique hotel della catena Brochner hanno camere ed eventi (gli wine tour organizzati da SP34 per esempio) pensati appositamente per gli ospiti sprovvisti di compagnia, e molti ristoranti, primo tra tutti l’organicissimo Amass, si attrezzano con grandi tavolate per condividere, in modo casuale, storie, cibo e nuove amicizie.

Articolo pubblicato su Repubblica del 2 marzo 2016.IMG_1134

 

 

 

 

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