Chi l’avrebbe mai detto. Uno degli chef più richiesti del panorama stellato, una star della televisione e della ristorazione (inaugurato settimane fa il Garage Italia con Lapo Elkann mentre c’è grande attesa per il ristorante in Galleria Vittorio Emanuele), che si concede una svolta salutistica. Ma Carlo Cracco precisa subito: «Mangiare sano significa da sempre mangiare bene. E la cucina che fa bene è in realtà figlia della cucina di qualità». Epperò nel suo nuovo libro Il buono che fa bene (Vallardi), che vede la consulenza scientifica di Antonio Moschetta, docente di medicina interna all’Università di Bari e ricercatore per l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro su regolazione genica e metabolismo dei tumori, del legame tra salute, prevenzione e cibo, si parla. E molto. «Alla base di tutto ci sono gli ingredienti. Un ingrediente di qualità è un cibo salutare: a me, per esempio, piace il rabarbaro, ma quello selvatico che mi faccio portare da un contadino fuori Milano, è il massimo del sapore e, guarda caso, ha anche il massimo delle proprietà», spiega lo chef.
La scienza conferma: «Le ricerche hanno dimostrato che se è 100 il valore nutritivo di un alimento di qualità, quello di un cibo non altrettanto buono è 30», dice Moschetta. Insomma, la salvaguardia della salute, come della buona tavola, comincia dalla spesa: «Fate come me. Se arrivati a casa scoprite che vi hanno dato delle cattive mele, riportatele indietro. Impariamo a confrontarci con il fruttivendolo, annusiamo, assaggiamo. Alleniamo il palato a riconoscere la qualità: provate lo zenzero fresco o quello di un mese, che è poi l’“età” media di quelli da banco, e vi accorgerete che il rischio è di mangiare cibi scarichi», continua Cracco. C’è di rassicurante che i superfood scelti non vengono dalla Luna, ma dalle nostre campagne. Oltre al rabarbaro, e che grazie a un composto presente nell’estratto chiamato Rhein è in grado di inibire l’assunzione di glucosio da parte delle cellule tumorali “affamandole”, ci sono la zucca, i cereali come avena, dalle proprietà toniche e stimolanti ideali per sostenere la tiroide, e grano saraceno, naturalmente privo di glutine, i cavoli, le carote, capaci di riequilibrare la flora batterica intestinale… Alimenti poveri insomma, ma anche qui Cracco è pronto a correggere: «Dalle mie parti, il broccolo una volta era considerato “povero”, e costava cinque lire al chilo, oggi lo paghi anche sei euro e fai la fila per averlo».
I tempi cambiano, è vero, oggi si sta più attenti a tutto. Si conosce tutto. Prendi l’olio extra vergine d’oliva. Prima era uno, ora se ne contano più di 500 varietà (che se le chiami cultivar Cracco dice che vuoi fare il figo) e si comincia a giocare con gli abbinamenti. Nel libro è usato anche per preparare una sorta di pesto-aperitivo, ma è aggiunto alla curcuma che svela una nuova caratteristica. «L’olio extra vergine serve per assorbire meglio le sostanze nutritive della radice asiatica e dopo averlo aggiunto ho scoperto che ne esaltava anche il sapore». Viene solo il dubbio che a forza di estratti, creme, insalatine, non si abbia proprio la percezione di un pranzo gourmet stellato. Ma a quel punto lo chef fa notare la Potimarron (un tipo di zucca, ndr) al forno con miele di castagno, cipollotto abbrustolito e filetto di cervo, e mi zittisce. Per sempre.
Articolo già pubblicato su Gioia! 45 del 25 novembre 2017