All posts filed under: Donne

Scusate la polvere (epitaffio sulla tomba di Dorothy Parker).

Il futuro delle lane italiane

Basterebbe guardarle dopo che sono state tosate. Saltano dalla contentezza. Sprizzano felicità, finalmente libere da quel vello ingombrante. Ed è vero. Perché la tosatura è fondamentale per il benessere delle pecore. Lasciarle ricoperte di lana è un pericolo per la loro salute e persino per la nostra. Eppure, da tempo la lana è diventata un problema per gli allevatori. Ché costa più togliergliela, e poi smaltirla, di quanto si ricavi a venderla. Così negli anni la lana delle pecore italiane è finita nei sacchi, mescolata a bottiglie di plastica e scarti, a volte ammassata nei fienili o bruciata di nascosto. «Il fatto è che le nostre lane hanno una fibra molto spessa che conferisce loro una mano secca e poco appetibile per il mercato attuale» spiega la presidente dell’Agenzia Lane d’Italia Patrizia Maggia. «Fino agli anni Settanta e Ottanta, l’abbiamo utilizzata per fare tappeti, materassi, poi nulla. Anzi, per regolamento europeo, è diventata un sottoprodotto animale, un rifiuto speciale di classe 3. Tredici milioni di kg di lana sucida prodotti ogni anno da otto milioni …

Pastore 4.0. Quattro donne si raccontano

All’ultima edizione di Smart Mountains in Calabria, si è parlato di un nuovo, e nuova, pastore, il Pastore 4.0. In preparazione, forse, al  2026, che le Nazioni Unite hanno dichiarato Anno Mondiale dei Pascoli e dei Pastori. Io avevo incontrato quattro giovani donne che si dedicano alla pastorizia. Ecco le loro storie. Eva Gotsch, 24 anni, pastora in Alto Adige L’unica cosa che potevo fare da bambina era dare il biberon agli agnellini e coccolare i vitelli. Ora che ho 24 anni, penso di poter iniziare a gestire io stessa il maso di famiglia (il Gurschl, in val Senales, ndr). In fondo, mucche, pecore, maiali e pony, sono cresciuti con me e li conosco bene! Quanti animali ha al maso? Settanta agnelli, tre montoni e ottanta pecore di una razza tipica locale  in via d’estinzione. Sono bianche, senza corna, con testa curva e orecchie cadenti. Amo il loro aspetto, ma anche il carattere: sono pecore molto resistenti e adatte alla montagna. La transumanza è lunga e faticosa. Come la affronta? Innanzi tutto, non sono sola. A portare …

Margherita di Savoia e la libertà trovata sulle montagne

Dopo che, il 29 luglio 1900, l’anarchico Gaetano Bresci assassinò a Monza il marito re Umberto I con tre colpi a polmoni, costato, e cuore, Margherita si assicurò che la pallottola fatale, insieme agli abiti insanguinati, fosse conservata in un cofanetto disegnato dall’architetto Achille Majnoni. Lo stesso che per anni si era occupato delle dimore reali e della ristrutturazione degli interni della villa Reale di Monza, e che da lì a pochi anni avrebbe realizzato a Gressoney Saint Jean, poco distante dal famoso Castel Savoia, villa Albertini. È un dettaglio curioso, ma non di poco conto. “Il più gran delitto del secolo”, come lo definì lei stessa, sugella il passaggio tra le “due vite” della prima regina d’Italia, inizialmente impegnata nel nobilitare, utilizzando in primis la propria immagine sapientemente divulgata con stampe e cartoline, la giovane monarchia; poi, da regina madre alleggerita dai vincoli degli impegni ufficiali, libera di dedicarsi alle sue passioni. Come viaggiare in Norvegia, Bretagna, Olanda e Germania, e guidare le sue auto. Ne collezionerà decine, Itala, Fiat, Rapid, Talbot, ciascuna per …

Quel filo di lana che unisce la Valgrisenche

Trama e ordito. Telaio e spole. Tessere la lana è un gesto simbolico che mette radici nell’antichità e nei nostri miti. Per lo più arte femminile, a volte associata all’inganno, ma anche al lento fluire del tempo, e dei tanti destini. In Valgrisenche, le pays des tisserands, la lana si tesse con uno speciale telaio a quattro licci dal 1700. Se ne trova ancora qualcuno nelle case più vecchie, anche se non più nelle stalle, l’ambiente più caldo e umido dove un tempo era sistemato, mentre altri nove, sempre in legno e conformi agli originali, sono nel laboratorio di Les Tisserands, una cooperativa di quattro donne, Luana Usel, Emy Maguet, Aloyanne Aslik e Caroline Houal, che mantiene viva l’antica tessitura del DRAP della Valgrisenche. «Un tempo erano gli uomini a premere i quattro pedali, spingere il pettine e far andare il telaio. Le donne in vero si occupavano della lavatura, filatura e tintura, compiti meno pesanti» dice Luana. «Oggi siamo noi che tessiamo secondo la tecnica tradizionale, offrendo anche tessuti più moderni, magari più morbidi …

Rifugi: ecco le sentinelle del clima

Abbiamo ancora negli occhi quelle immagini. Una torre di ghiaccio che si sgretola, una montagna che precipita insieme alla sua memoria, alle nostre certezze. Il crollo della Marmolada ci ha ricordato, se ancora ce n’era bisogno, l’urgenza della questione climatica, perché quello che succede lassù è né più né meno che un avvertimento. «Il ghiacciaio è una vera sentinella del cambiamento climatico», dice Cristian Ferrari, presidente della Commissione glaciologica della SAT. «Chi vive l’alta quota ne vede per primo gli effetti, e assiste, anno dopo anno, alla montagna che si modifica. Il ghiacciaio della Marmolada a fine Ottocento occupava 700 ettari, oggi, 150: una riduzione che dal 2000 ha avuto un’accelerazione preoccupante dovuta a quello che si definisce forzante antropica. In poche parole: siamo noi». Siamo noi che forse per troppo tempo abbiamo considerato le montagna (e la Terra tutta) una zona di conquista, un parco giochi dove mettere in scena imprese muscolari, quando invece dovrebbero essere, lo scriveva già John Ruskin, “cattedrali della Terra”, e maestre di vita. Lezioni montanare CAI e CNR, per …

Montagna in quota… rosa

Scriveva Antonia Pozzi, che “la montagna è la prima che ci insegna a durare, nonostante gli squarci e gli strazi” (L’Antonia. Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi scelte e raccontate da Paolo Cognetti, Ponte alle Grazie). Lei che si era presa la “malattia del Cervino”, che faceva 1800 metri di dislivello solo “con gli occhi per guardare e i muscoli per camminare”, e che sciava anche “in salita”, visto che ai tempi le funivie erano solo sulla carta. Basterebbe leggere i suoi scritti per capire che la storia che “donne e montagna” non vanno d’accordo è solo l’ennesima ricostruzione ad alto tasso di testosterone. Quello che è certo, è che le attrezzature per l’alpinismo, piccozze, ramponi, o moschettoni, sono studiate per un corpo maschile. Noi adattiamo le impugnature delle piccozze con dei tape e usiamo ramponi accorciabili. È un mercato piccolo, dicono, ed è difficile fare investimenti. Anche le prime MTB specificatamente disegnate per il corpo delle donne risalgono a pochi anni fa. Dopo di che, il fenomeno è esploso… Ma sono anche altri numeri …

Sostenibilità. Ditelo con un fiore, anzi uno slow flower

Vi siete mai chiesti da dove vengono i fiori che avete sistemato nel vaso in ingresso? La strada che hanno fatto rose o peonie prima di finire nel solito chiosco all’angolo da cui vi rifornite? Perché ormai sappiamo tutto sull’origine dei grani del nostro pane, di come sono allevati polli e salmoni, e a ragione vogliamo conoscere chi cuce, e dove, i nostri abiti, ma dei fiori, di quello scampolo profumato di natura che durante il lockdown, tutti ad abbellire balconi e giardini, ha registrato una rigogliosa rinascita, sui fiori appunto, nulla. Eppure, dovremmo sapere che quei boccioli perfetti che la stessa Emily Dickinson scriveva fossero più celesti che terreni, nel 90 per cento dei casi hanno viaggiato fino a trentasei ore, sono stati conservati in celle frigorifere per giorni, e infine trattati con agenti chimici per bloccarne lo sviluppo. Senza menzionare l’acqua sottratta all’agricoltura in Paesi come il Kenya o Etiopia, già sofferenti di siccità endemica, o lo sfruttamento di donne e bambini… Ammettiamolo, raccontata così, anche il più innocuo dei mazzolini perde tutta …

Nuova filantropia: la rivoluzione generosa

«Gentilissimo operatore, la ringrazio molto per quello che ha fatto. Per lei è lavoro, ma per una donna di 90 anni come me, vedere persone che svolgono il lavoro con gentilezza è davvero apprezzabile, e io l’ho apprezzato molto…. Come il sale rende più gradevole un buon piatto, così le persone gentili rendono più piacevole la giornata di una persona sola, lei lo ha fatto con me, e sono sicura con altri». Concetta P. aspettava Ugo, l’operatore, ogni giorno verso l’ora di pranzo. Lui saliva con l’ascensore, le lasciava il pasto davanti l’ingresso, ma invece di andarsene subito, si tratteneva a fare due chiacchere con quell’anziana signora che lo guardava dallo spiraglio della porta a distanza di sicurezza. Quando Concetta ha ripreso a uscire, ha mandato a quel volontario di 53 anni del Gruppo L’Impronta che per settimane, ogni giorno, si è presentato davanti la sua porta, questa lettera. Era per dire grazie. Grazie a chi, con l’iniziativa Il Dono di un Pasto a Casa, solo nel mese di dicembre ha consegnato a Milano più …

Asma Khan, il cibo oltre il cibo

Cosa ne è, del nostro piacere di stare tutti insieme intorno al tavolo a condividere cibo, che sia a casa o al ristorante, in tempi di pandemia? E dopo, che significato nuovo assumerà la parola convivialità? In occasione del Summit della Fondazione Barilla Resetting the Food System from Farm to Fork ho scambio due chiacchiere con la fondatrice di Darjeeling Express  Asma Khan, una chef che ha ben chiaro il valore etico e sociale del cibo. Questa è l’intervista integrale. Mangiare insieme, a casa o al ristorante, significa soprattutto condividere storie, vite, culture. Crede che la pandemia globale cambierà la nostra esperienza di “andare al ristorante” e la convivialità? No, non credo che l’impatto della pandemia avrà effetti negativi sul nostro rapporto con il cibo. Penso che continueremo a condividere un pasto con gli altri con entusiasmo e calore, sia a casa che in un ristorante. Anzi, penso che dopo tutto desidereremo ancora di più stare con gli altri, spezzare il pane con gli altri. Molto di più. Il settore della ristorazione ha sicuramente subito una flessione a …

Anty Pansera, la cultura sessista del Bauhaus

Inutile fare giri di parole, la storia è di chi la racconta e per larga parte, la storia del design è stata raccontata da uomini. «È inevitabile che si faccia riferimento al proprio “fare”, al proprio linguaggio, e che si rileggano gli eventi secondo la propria specificità», dice Anty Pansera. Lei che del design è una storica sui generis, fresca di Compasso d’Oro alla carriera, e che non ha mai smesso di guardare alla cultura progettuale con curiosità interdisciplinare. «Devo ammettere che è stato nel 1999, quando l’Unione Donne Italia di Ferrara mi ha chiamato a curare la loro decima Biennale Donna dedicata al design, che mi sono costretta a una riflessione di genere. Passando al setaccio i miei libri, mi sono accorta che le donne rimaste erano ben poche. Ricordo che allora feci tre telefonate: a Gae Aulenti, che bocciò l’idea, a Cini Boeri, possibilista, e ad Anna Castelli Ferrieri, che mi spronò». Nasce così la mostra Dal merletto alla motocicletta, a cui ne seguirono altre sulla creatività femminile, fino a oggi e al …