Quando, un paio di anni fa, Bill Gates assaggiò una delle prime versioni di carne biomimetica, ovvero una carne vegetale capace di ricreare sapore, consistenza ed esperienza sensoriale del tutto simili alla carne vera, disse che quello che stava mangiando non era solo un sostituto intelligente della carne, ma il futuro del cibo. Aveva ancora una volta ragione, il solito Bill, che se la nostra consapevolezza sull’alimentazione salutare aumenta, non cala invece il desiderio di cibarci di carne. E d’altra parte, come sottolinea lo studio di The Good Food Institute, quando dobbiamo scegliere cosa mettere nel piatto, è il palato che comanda e, con una popolazione mondiale che entro il 2050 arriverà a 9,8 miliardi, la domanda di cibo derivato da animali è destinata ad aumentare del 70 per cento. Basta fare due semplici conti per capire che la Terra non reggerà a questa richiesta: «L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite ribadisce che il vero problema del nostro pianeta è l’uso di terra agricola per l’allevamento di animali», dice Sebastiano Cassia Castiglioni (la mia intervista completa qui), imprenditore attivista e vegano, tra i più impegnati investitori in aziende innovatrici nel settore alimentare. «Un terzo del nostro suolo è usato a questo scopo, ma dalla produzione corrente di carne si ottengono solo il due per cento delle calorie di cui avremmo bisogno. Se poi consideriamo che il 20 per cento dell’interno budget dell’Unione Europea è costituito dai sussidi alle aziende di carne e latte, e che se continuiamo così solo per soddisfare il consumo di carne di maiale in Cina nel 2050 dovremmo usare l’intera Terra, è chiaro che dobbiamo rivoluzionare il nostro modo di alimentarci». E questa rivoluzione si chiama carne vegetale biomimetica.
Un pisello al posto della carne
La questione infatti non è più la guerra tra vegetariani, vegani e onnivori, ma tra chi sceglie un’alimentazione con effetti immediati e benefici sulla salute nostra e del pianeta. I flexitariani, così sono chiamati i nuovi consumatori, non sono ideologicamente contrari a nulla, ma semplicemente scelgono, per gusto e coscienza, la via vegana. Non è un caso che il 93 per cento di acquirenti di Beyond Meat, una delle versioni di carne vegetale più evolute realizzata dalla società californiana di Ethan Brown, siano anche consumatori di carne: entrambe sono esposte nello stesso reparto del supermercato, ma mentre le vendite al dettaglio di “carne non carne” sono cresciute del 23 per cento, quelle della tradizionale hanno registrato un timido due. Ma cosa c’è dentro questo miracolo alimentare messo a punto dai laboratori più avanzati del mondo? La versione più recente del Beyond Burger di Beyond Meat è composta da isolato proteico di piselli, che garantisce la simulazione perfetta della struttura molecolare della carne, olio di colza e di cocco, proteine di riso integrale e fagioli mung, con succo di barbabietola per il colore. L’Impossible Burger di Impossible Foods (la start up fondata nel 2011 dal professor di Stanford Patrick Brown) è composto invece da proteine delle radici delle piante di soia, olio di cocco e girasole. Senza contare che qualità e biodisponibilità di proteine sono identiche se non superiori alla carne animale, e con totale assenza di pesticidi, antibiotici, ormoni e altri inquinanti tipici del 99 per cento della carne d’allevamento.
L’hamburger del futuro
Il cambiamento parte dunque dalla lista della spesa e, ci crediate o meno, sarà più facile e veloce di quanto possiate immaginare. Negli Stati Uniti, i negozi Burger King in cui si potrà ordinare l’Impossible Whopper, passeranno da 56 a 7.300 in un anno. Lo stesso farà, in tutte le sue sedi, la catena Bareburger, seguendo l’esempio di Fatburger, Umami Burger, Wahlburgers… In Italia, il Beyond Burger ha debuttato per ora nei negozi dell’hamburgeria gourmet Welldone e nel ristorante Avo Brothers di Milano, ma entro fine anno sarà venduto da nord a sud, mentre per la grande distribuzione si dovrà aspettare l’apertura, sempre a fine 2019, dello stabilimento di produzione in Olanda, che potrà soddisfare la (tanta) richiesta di prodotti Beyond Meat in tutta Europa. Si tratta, secondo gli analisti finanziari, di uno dei cambiamenti epocali in breve periodo più grande e più difficile da prevedere degli ultimi tempi. E se il Ceo di Beyond Meat Ethan Brown ha dichiarato per il 2019 un obiettivo di ricavi di 210 milioni di dollari, l’esplosione della “domanda vegana” ha convinto molte multinazionali come Nestlé, General Mills e Danone a dirottare i loro investimenti in aziende produttrici di proteine vegetali. Perché non si tratta solo di carne, ma anche di latte, formaggi, uova, pesce… realizzati con estratti proteici che si possono avere da soia, avena, glutine di grano, lenticchie, fagioli mung o pomodori purché, una volta a contatto con il palato, siano identici agli originali.
Vegani a domicilio
E se non avremmo voglia di fare la spesa e cucinare, cosa forse difficile per chi viene da generazioni di pasta al ragù, a farli arrivare nelle nostre case ci penseranno le aziende di healthy food delivery come l’americana Plantable, che per 225 dollari consegna a domicilio per una settimana i piatti preparati da uno chef vegano. Non serve insomma aderire al programma 22 Days Nutrition di Beyoncé e Jay-Z per cominciare a seguire una dieta a base di piante, ma certo la promozione di questo modello nutrizionale da parte di star del loro calibro, aiuta. Di sicuro questa rivoluzione alimentare sarà ancora una volta guidata dalle donne che, secondo uno studio americano, sono più disposte a cambiare la propria alimentazione una volta appresi dati e informazioni, mentre gli uomini, soprattutto tra i 18 e i 35 anni, per curiosa reazione si comportano in modo opposto. A loro riserviamo la visione del documentario The Game Changers che dimostra come gli atleti più forti e muscolosi del pianeta si stiano indirizzando verso le proteine vegetali. A buon intenditor…
Un estratto di questo articolo è stato pubblicato sul settimanale ELLE di luglio 2019