Author: Manuela Mimosa Ravasio

Alpine Pearls, dal 2023 si cambia

Alpine Pearls è stato forse uno dei primi “marchi” per quello che oggi chiamiamo in modo diffuso turismo sostenibile. Nato nel 2006, Alpine Pearls è stato quindi un pioniere capace di creare una rete internazionale di destinazioni selezionate dell’arco alpino, che avrebbero dovuto rispettare dei criteri di sostenibilità, rispetto del territorio, a partire dalla mobilità dolce. Passati gli anni, tanti, cambiate sensibilità e domanda, anche Alpine Pearls si adegua. «Siamo nati come associazione di comuni volenterosi», dice il referente per l’Italia Giovanni Vassena. «Nel 2006 puntavano a mettere insieme turismo e mobilità sostenibile, certo avevamo una sorta di catalogo dei criteri legati che le destinazioni dovevano rispettare inviando ogni anno una sorta di autovalutazione. All’inizio le località italiane erano solo tre (Chamois, Forni di Sopra e Sauris, che ha la stazione dei treni più vicina a 80 km di distanza), oggi sono dodici e dimostrano, verso queste tematiche, un interesse maggiore rispetto a quelle di Austria e Svizzera. Oggi che è tempo di una fase 2 per Alpine Pearls che comincerà proprio nei prossimi mesi.». Ma qual è il …

noa*, il paesaggio capovolto

Fluttuante fra cielo e terra. Volumi e spazi in cui la forza di gravità sembra svanire per far largo a scenari inaspettati. Chissà come è la montagna vista da lassù. Lo studio di architettura noa* torna a Valdaora, all’Hubertus, e realizza una nuova piattaforma sospesa per ospitare un centro benessere. L’idea è nata dall’osservazione del paesaggio circostante riflesso nelle acque della piscina e materializzare ciò che si vede specchiato sulla superficie dell’acqua, è diventato il progetto. Un concept che gioca con la linea dell’orizzonte, con il concetto di dritto e capovolto, con i punti di vista. “L’essenza di questo progetto è il ribaltamento degli orizzonti, con il conseguente effetto di stupore per l’osservatore”, ha detto Lukas Rungger, architetto a capo del progetto e fondatore di noa*. La nuova costruzione è una piattaforma a sbalzo, sospesa di 15m rispetto al livello del terreno e sorretta da due pilastri rivestiti in tronchi di larice. È raggiungibile attraverso una passerella sospesa, che funge anche da collegamento con la retrostante area relax di nuova costruzione, un parallelepipedo vetrato che accoglie fino a …

Margherita di Savoia e la libertà trovata sulle montagne

Dopo che, il 29 luglio 1900, l’anarchico Gaetano Bresci assassinò a Monza il marito re Umberto I con tre colpi a polmoni, costato, e cuore, Margherita si assicurò che la pallottola fatale, insieme agli abiti insanguinati, fosse conservata in un cofanetto disegnato dall’architetto Achille Majnoni. Lo stesso che per anni si era occupato delle dimore reali e della ristrutturazione degli interni della villa Reale di Monza, e che da lì a pochi anni avrebbe realizzato a Gressoney Saint Jean, poco distante dal famoso Castel Savoia, villa Albertini. È un dettaglio curioso, ma non di poco conto. “Il più gran delitto del secolo”, come lo definì lei stessa, sugella il passaggio tra le “due vite” della prima regina d’Italia, inizialmente impegnata nel nobilitare, utilizzando in primis la propria immagine sapientemente divulgata con stampe e cartoline, la giovane monarchia; poi, da regina madre alleggerita dai vincoli degli impegni ufficiali, libera di dedicarsi alle sue passioni. Come viaggiare in Norvegia, Bretagna, Olanda e Germania, e guidare le sue auto. Ne collezionerà decine, Itala, Fiat, Rapid, Talbot, ciascuna per …

Quel filo di lana che unisce la Valgrisenche

Trama e ordito. Telaio e spole. Tessere la lana è un gesto simbolico che mette radici nell’antichità e nei nostri miti. Per lo più arte femminile, a volte associata all’inganno, ma anche al lento fluire del tempo, e dei tanti destini. In Valgrisenche, le pays des tisserands, la lana si tesse con uno speciale telaio a quattro licci dal 1700. Se ne trova ancora qualcuno nelle case più vecchie, anche se non più nelle stalle, l’ambiente più caldo e umido dove un tempo era sistemato, mentre altri nove, sempre in legno e conformi agli originali, sono nel laboratorio di Les Tisserands, una cooperativa di quattro donne, Luana Usel, Emy Maguet, Aloyanne Aslik e Caroline Houal, che mantiene viva l’antica tessitura del DRAP della Valgrisenche. «Un tempo erano gli uomini a premere i quattro pedali, spingere il pettine e far andare il telaio. Le donne in vero si occupavano della lavatura, filatura e tintura, compiti meno pesanti» dice Luana. «Oggi siamo noi che tessiamo secondo la tecnica tradizionale, offrendo anche tessuti più moderni, magari più morbidi …

Per fare un monte ci vuole un libro. Parola di Marco e Filippo

Per fare un monte ci vuole un libro. Se si dovesse scegliere uno slogan per descrivere quello che hanno messo in moto Marco Tosi e Filippo Terzi con il loro Mercato del Libro in Montagna organizzato all’Alpe Colle del monte Spalavera, sarebbe questo. Ma come tutti gli slogan, anche questo sarebbe riduttivo, e non descriverebbe quella che Tosi chiama la “transumanza di libri”. E pensare che la loro storia è ormai “una delle tante”, ché quante volte si parla di giovani che “tornano” alle montagne, che si chiedono perché devono andare via, loro, da una terra che attrae sempre più stranieri e turisti, e che alla fine ci provano ad avviare attività virtuose capaci di fungere da generatori di territori. La seconda vita dei libri. E dei monti. «Io e Filippo ci conosciamo fin da quando eravamo piccoli», dice Tosi. «Dopo l’università e una laurea in Letteratura Ispano-americana anche lui era tornato a Verbania e si era messo a svuotare cantine da vecchi libri e organizzare una bancarella. Io gli ho proposto di utilizzare una …

Rifugi: ecco le sentinelle del clima

Abbiamo ancora negli occhi quelle immagini. Una torre di ghiaccio che si sgretola, una montagna che precipita insieme alla sua memoria, alle nostre certezze. Il crollo della Marmolada ci ha ricordato, se ancora ce n’era bisogno, l’urgenza della questione climatica, perché quello che succede lassù è né più né meno che un avvertimento. «Il ghiacciaio è una vera sentinella del cambiamento climatico», dice Cristian Ferrari, presidente della Commissione glaciologica della SAT. «Chi vive l’alta quota ne vede per primo gli effetti, e assiste, anno dopo anno, alla montagna che si modifica. Il ghiacciaio della Marmolada a fine Ottocento occupava 700 ettari, oggi, 150: una riduzione che dal 2000 ha avuto un’accelerazione preoccupante dovuta a quello che si definisce forzante antropica. In poche parole: siamo noi». Siamo noi che forse per troppo tempo abbiamo considerato le montagna (e la Terra tutta) una zona di conquista, un parco giochi dove mettere in scena imprese muscolari, quando invece dovrebbero essere, lo scriveva già John Ruskin, “cattedrali della Terra”, e maestre di vita. Lezioni montanare CAI e CNR, per …

Biennale Gherdëina, l’arte per una comunità di montagna

Arte e montagna si nutrono da sempre reciprocamente. Chi frequenta le ascese sa che i confini tra spazio geografico ed emozionale sono sottili. Ispirazione e aspirazione convergono, e il paesaggio, da oggetto contemplativo e ricreativo, diventa medium culturale. Personalmente dell’arte ho una frequentazione da appassionata, e della montagna, da devota adepta, ma ogni qualvolta le ho viste convivere, non ho avuto dubbi sul modo naturale, parola che in questo caso risuona doppiamente, in cui le vette accolgono le arti. Anche la Biennale Gherdëina, che ha preso il via il 20 maggio in val Gardena (fino al 25 settembre), pare alimentarsi del dialogo tra queste forme elette. Il titolo Persones/Persons, curatela di Lucia Pietroiusti e Filipa Ramos, mi dice però anche qualcosa della montagna di oggi. Sempre più terra “alta” e “altra”, in cui un paesaggio idealizzato e consumato fa spazio alle vite e alle voci che lo abitano. Le Persones della Biennale Gherdëina, dicono le curatrici, sono albero, lago, pietra, animale, vita, parola; che sono io e voi, ma soprattutto sono anima e carne di questi luoghi. Si …

Asturie, la formula vincente della sostenibilità

«Se Shakespeare fosse passato di qui, non avrebbe mai prestato attenzione alle scogliere di Dover». Era il 1786 quando Joseph Townsend si trovava a viaggiare nelle Asturie. Quel verde abbacinante, il blu selvaggio, le falesie rosse e oro, dovevano averlo colpito parecchio. Gli ricordavano casa, eppure non potevano essere più diverse. Più calde, più primitive, intense. Le Asturie sono considerate fenomeno atipico in tempi di pandemia. La scorsa estate l’occupazione delle strutture turistiche è arrivata fino al 92,7 per cento e, a fine stagione, si registrava un aumento di turisti internazionali dell’1,7 rispetto ai dati pre-Covid (12,5 quelli nazionali). La ragione di questa radicata e inesauribile capacità di attrazione sta nella promessa, mantenuta, di offrire agli ospiti una connessione autentica con la natura. Gli asturiani sono orgogliosi di aver impostato tutta la loro accoglienza sulla sostenibilità fin dagli anni Ottanta, ben prima quindi che questa parola diventasse “di moda”. E ora, che sulla Strategia del Turismo 2020-2030 la vocazione green è perseguita integrando all’equilibrio ambientale, identità culturale, economia dei territori e comunità, la strada verso la …

Le custodi delle erbe

Dici erbe e pensi a Ildegarda di Bingen. Mistica, badessa benedettina e prima erborista, le catalogò con annessi rimedi nel famoso Herbora Sempliciorum. Chiusa in un convento dall’età di otto anni, imparò così tanto su quel mondo vegetale che Papa Benedetto XVI si convinse a dichiararla Dottore della Chiesa, ma solo nel 2012. La sua era la medicina naturale dell’anno Mille, ma soprattutto era la ricerca di una corrispondenza armonica tra Madre Natura ed essere umano. Il giardino dei semplici, così come erano chiamate le varietà di erbe officinali, è sempre stato, d’altra parte, un orto di piante e, insieme, il simbolo del Paradiso. E c’è qualcosa di arcano nelle proprietà delle erbe. Usciti dalle mura del convento, le donne che le raccoglievano erano chiamate “guaritrici”. Una sapienza antica che continua ad appassionare i contemporanei se ogni anno in Italia si producono quattro mila tonnellate di piante officinali in oltre 7.300 mila ettari (dati FIPPO), mentre sono, secondo Coldiretti, quasi otto milioni coloro che le usano per il benessere fisico e mentale. «Il medioevo ci racconta …

Il paesaggio sonoro della montagna

“I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi” scriveva Goethe. Ma è davvero così? Davvero la montagna è un passaggio silenzioso? Settimane fa ho incontrato Max Casacci, produttore, chitarrista e fondatore dei Subsonica,  durante la presentazione della nuova campagna di Courmayeur che consiste in una sorta di sinfonia della montagna costruita con i suoni della natura. Casacci mi ha mostrato come paglia e fieno sono diventate basso e batteria, come i campanacci di mucche e capre si sono trasformati in un riff melodico. Ascoltando le sue tracce ho scoperto che il suono di un ruscello può diventare un magnifico arpeggiatore, e che gli uccelli fanno acid music. Nel bosco, tra rami e cortecce, sembra che Casacci abbia trovato il ritmo profondo della natura. Ci sono volute ore di appostamento, con i microfoni dentro i corsi d’acqua o mi mezzo alle chiome degli alberi, per catturare questo paesaggio sonoro. Un ecosistema che unisce il vento che fischia tra i rami, il gorgoglio dei ruscelli, i muggiti delle mucche, i suoni dei picchi… e che i visitatori di …