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Asturie, la formula vincente della sostenibilità

«Se Shakespeare fosse passato di qui, non avrebbe mai prestato attenzione alle scogliere di Dover». Era il 1786 quando Joseph Townsend si trovava a viaggiare nelle Asturie. Quel verde abbacinante, il blu selvaggio, le falesie rosse e oro, dovevano averlo colpito parecchio. Gli ricordavano casa, eppure non potevano essere più diverse. Più calde, più primitive, intense. Le Asturie sono considerate fenomeno atipico in tempi di pandemia. La scorsa estate l’occupazione delle strutture turistiche è arrivata fino al 92,7 per cento e, a fine stagione, si registrava un aumento di turisti internazionali dell’1,7 rispetto ai dati pre-Covid (12,5 quelli nazionali). La ragione di questa radicata e inesauribile capacità di attrazione sta nella promessa, mantenuta, di offrire agli ospiti una connessione autentica con la natura. Gli asturiani sono orgogliosi di aver impostato tutta la loro accoglienza sulla sostenibilità fin dagli anni Ottanta, ben prima quindi che questa parola diventasse “di moda”. E ora, che sulla Strategia del Turismo 2020-2030 la vocazione green è perseguita integrando all’equilibrio ambientale, identità culturale, economia dei territori e comunità, la strada verso la conservazione di un paradiso naturale unico in Europa è tracciata.

Uno dei laghi di Covadonga nel Parco Nazionale dei Picos de Europa

Numeri verdi

Facile, si direbbe, con quei numeri. Nei 10 mila kmq del Principato, con poco più di un milione di abitanti, si condensano i 400 km di costa meglio conservati di Spagna, 7 spazi dichiarati Riserva della Biosfera da UNESCO, 39 monumenti naturali tra spiagge, cascate, grotte, boschi e alberi millenari, 2 paesaggi protetti, e alcuni rifugi per specie a rischio come l’orso bruno. Per riassumere, le Asturie, due percento del territorio spagnolo, possiedono l’un percento delle Riserve della Biosfera dell’interno pianeta. Per garantirsi un’immersione totale, trekking e cicloturismo, su cui la regione investirà nei prossimi anni 2,5 milioni di euro con l’obiettivo di promuovere pratiche di mobilità armoniose con il contesto sociale e ambientale, sono le vie migliori. Un esempio è il più che accessibile Sentiero dell’Orso (Senda del Oso) che, come gli altri itinerari indicati come víaverde, ricalca una vecchia linea ferroviaria usata per il trasporto del carbone nella valle del fiume Trubia: in poco più di tre ore (22 km in bici) si passa in rassegna la varietà del paesaggio delle Asturie, a cominciare dalla gola che prende il nome da un piccolo affluente del Trubia, las Xanas. Pareti verticali di pietra calcarea, pontili, boschi di faggi e castagni, corsi d’acqua impetuosi: siamo nella gola di las Xanas, dal nome delle mitologiche fate asturiane, uno dei monumenti naturali nazionali.

Il Parco naturale di Redes @ManuelS.Calvo

Parchi, villaggi e rifugi

Il Sentiero dell’Orso, insieme al Pomar de las Montañas che parte e arriva da Bisuyu, tra castagni, pascoli, pini, betulle, fattorie, e al percorso lungo il fiume Tablizas, da cui si possono scorgere le caratteristiche cortines, recinti circolari di pietra a secco costruiti per proteggere arnie e api dagli orsi, è uno dei tracciati naturalistici per scoprire il Parco Naturale delle Fuentes del Narcea, Degaña e Ibias, rifugio indiscusso dell’orso bruno cantabrico e del gallo cedrone. 555 km quadrati, che includono la Foresta di Munieḷḷos, uno dei più grandi e meglio conservati boschi di querce in Europa, a cui si può accedere, previa prenotazione, solo in 20 persone al giorno. Immaginate che regalo deve essere passeggiarvi nel silenzio assoluto, godendosi una natura allo stato puro. Per immergersi nel Parco di Redes, il cuore dell’identità culturale e sociale delle Asturie, tra pascoli, piccoli centri abitati punteggiati da laboratori artigianali che producono i caratteristici zoccoli, fonti e specchi d’acqua, i sentieri da percorrere vanno dal più noto e frequentato che da Alba conduce a Soto, tutto a fondovalle, fino al Tabayón de Mongayo, che prende il nome dalla grande e spettacolare cascata a cui conduce. Ma c’è anche il Brañagallones, che è poi uno dei più bei rifugi di Spagna, luogo dove un tempo combattevano i galli, e che ora è, tra faggete e mirtilli selvatici, uno dei punti partenza per visitare la montagna dei dintorni.

Uno scorcio del Cammino della Costa

Dentro il selvaggio blu

Senza dimenticare il mare, e le calette selvagge, le falesie “infernali” a picco sul blu. Dovendo scegliere un tratto di quel Cammino della Costa che da Irún arriva a Santiago correndo parallelo al mar Cantabrico, un paesaggio a metà tra rurale e marinaro, dal profumo di salnitro, e vegliato dalle vicinissime catene montuose, quello che da San Antolín porta ai geyser marini (i bufones, che nei giorni di alta marea espellono getti di mare polverizzato) di Pría, consente di ammirare tra le spiagge più belle del litorale, come quelle di Gulpiyuri e La Huelga, o la baia Cuevas del Mar. Chi ha buone gambe può continuare fino alla bellissima Concha de Artedo, dopo Aviles, e più in là a Capo Busto, per ritrovare, dopo il “caos” di Gijón e Avilés, un po’ di meritata tranquillità.

Nella foto di apertura, il Naranjo de Bulnes. conosciuta sotto il nome di Picu Urriellu assiccio centrale dei Picos de Europa.

Articolo già apparso su Repubblica il 24 maggio 2022

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Manuela Mimosa Ravasio è una giornalista professionista con una formazione da architetto. Ha lavorato per anni come caporedattore scrivendo di società e attualità in riviste del gruppo RCS e tutt'ora firma per i maggiori quotidiani e settimanali nazionali. Oggi svolge la sua attività da libera professionista offrendo anche consulenze in comunicazione, progettazione di contenuti e strategie narrative, e formazione per la promozione di territori.

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